7- Deuteronomio

LETTURA DEL LIBRO DEL  DEUTERONOMIO

* Lettura 01              Importanza del libro del Deuteronomio

Chiedere a chicchessia qualcosa del Deuteronomio è altamente probabile non avere alcuna risposta. Il motivo è semplice: a differenza di altri libri non vi sono racconti facilmente memorizzabili. Infatti, tutti conoscono la storia di Giuseppe o quella dei Dieci Comandamenti con tanto di traversata del Mar Rosso, senza parlare delle peripezie di Davide e Saul. Nel Deuteronomio invece, con l'eccezione dei primi tre capitoli, abbiamo solo un lunga riflessione sulla Legge e poi l'esposizione di un gruppo di leggi. Forse l'unico evento che si ricorda è la salita di Mosè sul monte Nebo, la sua visione della Terra Promessa nella quale non potrà metter piede e infine la sua morte; una diecina di versetti in tutto.
Per giunta la prima parte di questo libro, una riflessione sulla Legge, senza mai riportarne un solo contenuto, stanca il lettore che rischia di mollare tutto.

Questa parte viene chiamata da P. Beauchamp: "deuterosi" cioè "ripetizione" e riguarda i capitoli 4-11che costituiscono, appunto, questa riflessione sulla legge che nei capitoli successivi sarà esposta. Allo stesso modo abbiamo una "deuterosofia", cioè una riflessione sulla Sapienza (in greco Sofia), anch'essa senza contenuti, che riguarda i primi nove capitoli del Libro dei Proverbi.
Per renderci conto della difficoltà che incontreremo nel leggere questi primi capitoli citiamo testualmente P. Beauchamp, L'uno e l'altro testamento, pg. 174.

«Wellhausen - grande biblista morto nel 1918-  con la vivacità del suo ingegno, si annoiava durante i primi undici capitoli del Deuteronomio che parlano tanto della legge, ma dicono così poco su quello che bisogna fare. Il rigonfiamento, per così dire, creato da quei discorsi dà al lettore l'angoscia del vuoto. Molti lettori sono scoraggiati tanto dalla deuterosofia quanto dalla deuterosi».

Allora il Deuteronomio con i primi undici capitoli è un libro da mollare?

            Riteniamo che la risposta debba essere negativa perché, come sempre abbiamo sostento in precedenti "incursioni", la Bibbia deve essere letta e pensata nella sua integralità. Inoltre questa lunga riflessione sulla Legge senza riportarne i contenuti evidenzia come la medesima Legge sia molto importante per il redattore finale del nostro libro.

Ma oltre a questi capitoli siamo convinti che tutto il Deuteronomio sia importante e vediamo subito perché.

1 => Nel primo testamento

Le preghiere che ogni pio israelita dovrebbe fare cinque volte al giorno sono precedute dallo "Shemah /ascolta".
L'abbiamo sentito tante volte in molti film che coinvolgono il mondo ebraico. Lo riportiamo translitterato nella speranza che possa essere riconosciuto.

          «Shemah Israel, Adonai  Elohenu, Adonai ehad».

Dobbiamo ricordare che il nome di Dio  "Jahweh", che viene scritto con le sole consonanti JHWH, non deve essere pronunciato e sostituito nella lettura con "Signore" come fanno le nostre Bibbie, oppure "Adonai" come fanno gli ebrei.
Ebbene questo brano, lo Shemah appunto, è tratto da Deuteronomio e proprio da uno di quei capitoli "pizzosi":

Dt 6,4 «Ascolta, Israele: il Signore /JHWH  è il nostro Dio, il Signore /JHWH  è uno solo». 

 

24 - febbraio - 2024

* Lettura 11     Israele e Edom; prova della fede                      Dt 2,1 - 8  

Dt 2,1 «Allora cambiammo direzione e partimmo per il deserto verso il Mare Rosso, come JHWH mi aveva detto, e girammo intorno al monte Seir per lungo tempo. 2 JHWH mi disse: 3 Avete girato abbastanza intorno a questa montagna; volgetevi verso settentrione. 4 Da' quest'ordine al popolo: Voi state per passare i confini dei figli di Esaù, vostri fratelli, che dimorano in Seir; essi avranno paura di voi; state bene in guardia: 5 non muovete loro guerra, perché del loro paese io non vi darò neppure quanto ne può calcare la pianta di un piede; infatti ho dato il monte di Seir in proprietà a Esaù. 6 Comprerete da loro con denaro le vettovaglie che mangerete e comprerete da loro con denaro anche l'acqua da bere. 7 Perché JHWH tuo Dio ti ha benedetto in ogni lavoro delle tue mani, ti ha seguito nel tuo viaggio attraverso questo grande deserto; JHWH tuo Dio è stato con te in questi quaranta anni e non ti è mancato nulla.
8 Allora passammo oltre i nostri fratelli, i figli di Esaù, che abitano in Seir, lungo la via dell'Araba, per Elat ed Ezion-Gheber. Poi ci voltammo e avanzammo in direzione del deserto di Moab».

Dopo il rifiuto di entrare nella Terra il popolo, sempre guidato da Mosè, si dirige verso il Mare dei Giunchi e poi comincia a vagare nel deserto per trentotto anni che sommati ai due passati ai piedi del Sinai fanno quasi quarant'anni. In questo periodo tutti quelli che avevano partecipato al fattaccio di Qadesh- Barnea avevano raggiunto i loro padri; sono rimasti soltanto i figli, e i due che non avevano partecipato alla disobbedienza: Giosuè e Caleb. C'è anche Mosè che sempre guida il popolo, lui che "parla con Dio faccia a faccia" (Es 33,11), ma che, come abbiamo già visto, è destinato a restare fuori dalla Terra "dove scorre latte e miele".
Quindi il popolo attuale è un popolo nuovo, che non ha conosciuto l'Egitto, non ha sperimentato la schiavitù e non può avere rimpianti "per la carne, le cipolle e i cocomeri", quindi   "non si volta indietro" perché la sua speranza sta tutta nel futuro.

            Qui emerge una delle funzioni principali del Deuteronomio: spiegare a questa nuova generazione la Torah che i padri hanno ricevuto ai piedi del Sinai.
Tuttavia anche per loro troviamo subito la prova della fede. Già tutto il cammino narrato in Esodo era una prova della fede da parte di Israele e della fedeltà da parte di Dio. Sempre precaria la prima, assolutamente affidabile la seconda.
La prova per costoro consiste nel non muovere guerra ai discendenti di Esaù fratello di Giacobbe. Gn 36 racconta che quando Giacobbe di ritorno da  Carran, era diventato così ricco di capi di bestiame che le greggi e le mandrie dei due fratelli non potevano vivere vicine perché i pascoli non sarebbero stati sufficienti ad alimentarle, così furono costretti a separarsi.
Giacobbe e il suo clan si stabilirono a Mamre vicino ad Ebron, mentre Esaù si stabilì più a Sud, nella zona di Seir.
Esaù è chiamato anche Edom per cui i suoi discendenti saranno chiamati Edomiti o Idumei e analogamente la loro regione sarà Idumea o Edom. Ricordiamo che Erode il Grande, quello che incrocerà l'inizio della vita di Gesù era Idumeo. Abbiamo trattato la separazione di Giacobbe ed Esaù nelle letture 106 e 107 di Genesi (vedi archivio).

            Ora, questi nuovi giovani di Israele devono rispettare le proprietà degli edomiti, non solo per gli ancestrali legami di parentela, ma soprattutto perché la terra di Seir è stata assegnata da Dio ad Esaù, mentre a loro è già stata assegnata, dietro giuramento di JHWH, un'altra terra, quella di Canaan.
La prova della fede in JHWH consiste proprio nel non appropriarsi della terra di Esaù e addirittura comprare acqua e alimenti di cui hanno bisogno. Come in effetti farà questo Nuovo Israele.

Appare così un principio fondamentale del nostro libro: è Dio che suddivide la terra tra i popoli e nessuno può muovere guerra di conquista altrimenti il fallimento è sicuro, come abbiamo visto nella lettura precedente.
Il Signore della guerra è solo JHWH. Se Lui non la combatte  o è contrario la sconfitta è sicura.

 Al capitolo 32 del nostro libro viene esposto proprio questo principio:

Dt 32,8« Quando l'Altissimo divideva i popoli, / quando disperdeva i figli dell'uomo,
egli stabilì i confini delle genti / secondo il numero dei figli di Dio [LXX]».

Questo corrisponde a Gn 10 dove si racconta la discendenza di Noè dalla quale deriva la "Tavola dei Popoli" che elenca tutti i popoli conosciuti e i territori nei quali ogni popolo era insediato.

Potremmo allora dedurre che la "Guerra di JHWH" non abbia a che fare con un Dio guerriero, ma sia un atto di giustizia che restituisce il proprio territorio a quel popolo che un avversario più potente e numeroso gli aveva sottratto.

2 => Durante una polemica con gli oppositori

Nel Vangelo di Luca abbiamo un momento della polemica tra i dottori della Legge e Gesù che riportiamo:

Lc 10,25 «Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?». 26 Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». 27 Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». 28 E Gesù: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai».

La risposta del dottore è tratta dal Deuteronomio, nel versetto successivo a quello appena citato, anch'esso parte di quei capitoli discussi, e lo riportiamo nella versione originale:

Dt 6,5 «Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze».

Una risposta che Gesù apprezza; segno che anche Lui conosce bene quel libro.

3 => Le tentazioni nel deserto

Riteniamo che uno dei momenti in cui appare con maggior chiarezza il riferimento al nostro libro lo troviamo nell'episodio delle "Tentazione di Gesù nel deserto".

Mt 4:1 «Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. 2 E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. 3 Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, di' che questi sassi diventino pane». 4 Ma egli rispose: «Sta scritto:
Non di solo pane vivrà l'uomo,/ ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Dt 8,3
5
Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio 6 e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo,/ ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede». [Sal 91,11-12]
7 Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non tentare il Signore Dio tuo». Dt 6,16
8 Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: 9 «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai». 10 Ma Gesù gli rispose: «Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo/ e a lui solo rendi culto».  Dt 5,13
11 Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano».

Le tentazioni del diavolo sono sottili. La prima, più che subdola, mette in dubbio le natura di Gesù. Come dire: "se non trasformi queste pietre in pane non sei chi dici di essere". Ma Gesù risponde citando un passo del Deuteronomio.
Poi il diavolo si fa più furbo e lo tenta con due versetti del Salmo 9, segno che anche il diavolo conosce bene la Bibbia.
E Gesù risponde per le rime citando a sua volta un altro versetto del Deuteronomio evidenziato dal grassetto e dalla sottolineatura.
Alla terza prova il diavolo viene al dunque: egli si ritiene padrone e principe di questo mondo e vuole essere riconosciuto come tale. Anche questa volta Gesù risponde citando un terzo versetto del Deuteronomio.

            Ci sono altri passi dei vangeli in cui Gesù richiama più o meno direttamente le Scritture ed in particolare il Deuteronomio, ma riteniamo importante un passaggio che avviene durante il suo Battesimo, che sottende la teologia stessa del Deuteronomio.  

4=> Il Battesimo di Gesù

Il racconto del Battesimo di Gesù in Matteo è preceduto dalla descrizione di ciò che accadeva presso il Giordano dove Giovanni predicava conversione e penitenza il cui segno era rappresentato dal battesimo. La predicazione aveva successo tanto che Matteo scrive:

Mt 3,5 «Allora accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano; 6 e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano».

Sembra di capire che la gente ci veniva da tutte la parti e con loro anche scribi e farisei che Giovanni assolutamente non trattava con i guanti, anzi.
Ad un certo punto, in fila con tutta questa umanità c'è anche Gesù. Giovanni lo riconosce e non vorrebbe battezzarlo perché capisce l'esistenza di una sproporzione incommensurabile, tra Gesù e tutto il resto, lui compreso.     

Mt 3,13 «In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. 14 Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?». 15 Ma Gesù gli disse: «Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia». Allora Giovanni acconsentì. 16 Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. 17 Ed ecco una voce dal cielo che disse: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto».

 Ci interessa la risposta Gesù: "conviene che si compia ogni giustizia". Che cosa significa? 

            Una prima idea, molto diffusa è che Gesù voglia solidarizzare con tutti i peccatori, simbolicamente in fila con Lui, per compiere questo gesto di penitenza. Ipotesi che può anche essere corretta, però la "giustizia" non c'entra per nulla.

Il fatto è che noi, figli del diritto romano, quando parliamo di giustizia pensiamo subito a giudici, tribunali, avvocati ecc. Per comprendere meglio questo versetto oltre a tradurre il termine dobbiamo calarlo nella cultura che lo ha partorito, che non è la nostra. Cioè, non basta tradurre il vocabolo, ma anche la cultura che l'ha utilizzato.
Ora, nel nostro caso "giustizia" consiste nell'accettare di sottostare alla Legge; a tutta la Legge perché è il luogo, o uno dei luoghi in cui Dio ha manifestato la sua volontà. Aderire pienamente alla Legge vuol dire accettare in toto la volontà di Dio, di cui la Legge è solo un aspetto, perché tutta la vita deve essere condivisa con il disegno di Dio. Allora "Giusto" è l'uomo che accetta questa dimensione nel suo rapporto con Dio.

E Gesù sa benissimo dove lo condurrà questo disegno, perché la sua immagine di Dio è in rotta di collisione con quella coltivata dalle autorità religiose e politiche del tempo. Lui sa che Dio fa di tutto per salvare tutte le persone che vivono ai margini della società o addirittura escluse e secondo quella antica teologia "maledette da Dio".

Sono esattamente quelle persone che Gesù, durante la Sua vita pubblica, andrà a cercare per salvarle. E cioè: ciechi, zoppi, lebbrosi, muti e sordi, tutti maledetti perché, secondo le autorità religiose di allora, queste malattie non sono altro che conseguenza dei peccati commessi da loro a dai loro padri. Sono maledetti come tutti peccatori: pubblicani che incassano i soldi delle tasse per conto dei romani facendogli la cresta. Sono maledettele prostitute, i ladri e malfattori di ogni genere. Sappiamo bene dai Vangeli, che Gesù andrà a cercarli per sanarli, guarirli, perdonarli perché Dio ama anche loro come ama tutti i giusti.

            Gesù sin dall'inizio del suo cammino e già in questo momento del Battesimo, sa benissimo come finirà la sua vicenda, ma egli accetta di seguire fino in fondo il disegno del Padre e di mostrare a tutti che Dio non fa morti ammazzati quelli che sgarrano, ma che tutti vuole salvare perché tutti ama.

            Tornando al Deuteronomio dobbiamo dire che il principio di accettare il progetto di Dio su di sé e pertanto, vivere secondo la Legge, è un principio presente nella teologia del Deuteronomio.
Infatti il nostro libro, come abbiamo detto, è in gran parte una riflessione sulla Legge.

             In definitiva abbiamo riportato quattro parti della Bibbia che ci rimandano al Deuteronomio e quindi esso è un libro che merita di essere esplorato.

 

18 - ottobre - 2023

* Lettura 02              L'origine del nome

Il nome Deuteronomio è quello derivato dalla Bibbia greca detta dei LXX tradotta dall'ebraico intorno al 300 a. C., di fatto quella più conosciuta nel mondo antico perché l'ebraico non era una lingua molto diffusa e che perfino gli stessi ebrei viventi nella diaspora non sapevano più leggere.
           Il significato Deuteros-nomos letteralmente significa "Seconda -Legge", il che porta a pensare che esistessero due leggi, ma la spiegazione poggia piuttosto su due affermazioni.

La prima riguarda quello che doveva fare un re appena eletto: scrivere per uso personale una copia della Legge, quindi una "seconda legge", di fatto una copia dell'unica legge.

Dt 17,18 «Quando si insedierà sul trono regale, scriverà per suo uso in un libro una copia di questa legge secondo l'esemplare dei sacerdoti leviti. 19 La terrà presso di sé e la leggerà tutti i giorni della sua vita, per imparare a temere il Signore suo Dio, a osservare tutte le parole di questa legge e tutti questi statuti, 20 perché il suo cuore non si insuperbisca verso i suoi fratelli ed egli non si allontani da questi comandi, né a destra, né a sinistra, e prolunghi così i giorni del suo regno, lui e i suoi figli, in mezzo a Israele»

La seconda spiegazione si basa su di un altro testo che porta a pensare ad una "seconda legge". Ci riferiamo al periodo di Giosia, re di Giuda, sotto il regno del quale, vengono fatte delle riparazioni nel tempio di Gerusalemme ed in tale occasione, nascosta tra i muri, viene trovata una copia della Legge diversa da quella in uso.

2Re 22:1 «Quando divenne re, Giosia aveva otto anni; regnò trentun anni in Gerusalemme. Sua madre, di Boscat, si chiamava Iedida figlia di Adaia. 2 Fece ciò che è retto agli occhi di JHWH, imitando in tutto la condotta di Davide, suo antenato, senza deviare né a destra né a sinistra.  3 Nell'anno diciotto del suo regno, Giosia mandò Safàn figlio di Asalia, figlio di Mesullàm, scriba, nel tempio dicendogli: 4 «Va' da Chelkia sommo sacerdote; egli raccolga il denaro portato nel tempio, che i custodi della soglia hanno raccolto dal popolo. 5 Lo consegni agli esecutori dei lavori, addetti al tempio [...];
8 Il sommo sacerdote Chelkia disse allo scriba Safàn: «Ho trovato nel tempio il libro della legge». Chelkia diede il libro a Safàn, che lo lesse. 9 Lo scriba Safàn quindi andò dal re e gli riferì: «I tuoi servitori hanno versato il denaro trovato nel tempio e l'hanno consegnato agli esecutori dei lavori, addetti al tempio». 10 Inoltre lo scriba Safàn riferì al re: «Il sacerdote Chelkia mi ha dato un libro». Safàn lo lesse davanti al re.
11 Udite le parole del libro della legge, il re si lacerò le vesti. 12 Egli comandò al sacerdote Chelkia, ad Achikam figlio di Safàn, ad Acbor figlio di Michea, allo scriba Safàn e ad Asaia ministro del re: 13 «Andate, consultate JHWH per me, per il popolo e per tutto Giuda, intorno alle parole di questo libro ora trovato; difatti grande è la collera di JHWH, che si è accesa contro di noi perché i nostri padri non hanno ascoltato le parole di questo libro e nelle loro azioni non si sono ispirati a quanto è stato scritto per noi».

Il re Giosia rimane colpito dalla lettura di questo rotolo perché si rende conto che Israele prima, e Giuda poi non avevano messo in pratica tutti i comandi prescritti da quel rotolo. La conseguenza sarà una riforma religiosa che cercherà di portare Giuda alla pratica della Legge come avevano fatto gli antichi Padri.
Giosia regna dal 648 a. C. al 609, ma il regno di Giuda sarà prima devastato poi Gerusalemme, assediata dai babilonesi, cadrà e sarà distrutta nel 587 a. C.

            A riguardo di questo ritrovamento una parte della critica ritiene che probabilmente si tratti di un espediente usato per fare accettare di buon grado la riforma religiosa voluta dal re.
            Questa denominazione secondo alcuni critici porta fuori strada perché induce a pensare, appunto,  all'esistenza di un'altra legge accanto, o in contrasto alla prima, ma riteniamo che l'argomento sia più complesso e lo esamineremo più avanti.
D'altra parte non possiamo perdere di vista che il nome ebraico del nostro libro, come per tutti gli altri libri della Scrittura, non elaborava un titolo che richiamasse il contenuto, ma semplicemente riportava le prime parole del testo, in questo caso il nome è: "Queste le parole...".
            Vedremo che la formazione di questo libro è il frutto di un lavoro alquanto complesso, a proposito del quale gli esperti stanno ancora indagando.

Una cosa è certa: questo testo viene alla luce e diventa oggetto di riflessione in un periodo di crisi religiosa, in prima battuta poco prima dell'esilio babilonese, ma l'esilio stesso e il postesilio, porterà molti saggi a ripensare il rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa.

            Il problema che affligge questi uomini timorati è presto detto: se Israele è il popolo di JHWH, come mai nel 731 è caduto il regno del Nord e poco più di un secolo dopo è caduta anche Gerusalemme e ora non c'è più un re, e tutto viene deciso dall'Imperatore di Persia?
            La risposta immediata porta a ritenere che queste "catastrofi" siano imputabili alla inosservanza della Legge, una rottura dell'Alleanza.
Ora, non sappiamo se la riforma di Giosia abbia avuto successo, ma sono noti gli eventi che seguono al ritorno degli esiliati da Babilonia, e l'inflessibile durezza con la quale venne applicata la Legge.

Osserviamo le premesse storiche.

            Storicamente sappiamo che nel 539 a.C. Ciro il Grande, con un'abile politica religiosa, senza  fare una guerra, diventa signore di Babilonia e nuovo imperatore e così nasce l'Impero Persiano. Un anno dopo nel 538 a.C. concede agli ebrei esiliati in Mesopotamia, di ritornare in Giudea e ricostruire il Tempio di Gerusalemme.
La politica di Ciro è quella di assicurarsi il controllo politico e commerciale dell'area palestinese, che oltretutto permette uno sbocco sul Mediterraneo. Così in questo periodo la Giudea viene governata da una successione di personaggi di origine ebraica, ma inviati da Babilonia come governatori.
Tra di essi nel 458 a. C. viene inviato a Gerusalemme uno scriba, Esdra, con il compito di fare applicare la Legge di Mosè, la Torah, riconosciuta dall'Imperatore come legge dello Stato. L'attività di Esdra a Gerusalemme è riportata nella Bibbia e raccontata nel libro di Esdra e in quello di Neemia.
            La parte che ci interessa, sono i capitoli 9 e 10, che, al solito, raccomandiamo di leggere integralmente. Qui riportiamo i passaggi che ci riguardano.

Anzitutto Esdra è convinto che la causa della distruzione di Gerusalemme (585 a.C.) è dovuta ai peccati commessi dai suoi abitanti.

Esd 9,10 «Ma ora, che dire, Dio nostro, dopo questo? Poiché abbiamo abbandonato i tuoi comandi 11 che tu avevi dato per mezzo dei tuoi servi, i profeti, dicendo: Il paese di cui voi andate a prendere il possesso [Canaan] è un paese immondo, per l'immondezza dei popoli indigeni, per le nefandezze di cui l'hanno colmato da un capo all'altro con le loro impurità. 12 Per questo non dovete dare le vostre figlie ai loro figli, né prendere le loro figlie per i vostri figli; non dovrete mai contribuire alla loro prosperità e al loro benessere, così diventerete forti voi e potrete mangiare i beni del paese e lasciare un'eredità ai vostri figli per sempre. 13 Dopo ciò che è venuto su di noi [l'esilio] a causa delle nostre cattive azioni e per la nostra grande colpevolezza, benché tu, Dio nostro, ci abbia punito meno di quanto meritavano le nostre colpe e ci abbia concesso di formare questo gruppo di superstiti, 14 potremmo forse noi tornare a violare i tuoi comandi e a imparentarci con questi popoli abominevoli? Non ti adireresti contro di noi fino a sterminarci, senza lasciare resto né superstite? 15 JHWH, Dio di Israele, per la tua bontà è rimasto di noi oggi un gruppo di superstiti: eccoci davanti a te con la nostra colpevolezza. Ma a causa di essa non possiamo resistere alla tua presenza!».

Esd 10:1 Mentre Esdra pregava e faceva questa confessione piangendo, prostrato davanti alla casa di Dio, si riunì intorno a lui un'assemblea molto numerosa d'Israeliti, uomini, donne e fanciulli, e il popolo piangeva dirottamente. 2 Allora Secania, figlio di Iechièl, uno dei figli di Elam, prese la parola e disse a Esdra: «Noi siamo stati infedeli verso il nostro Dio, sposando donne straniere, prese dalle popolazioni del luogo. Orbene: c'è ancora una speranza per Israele nonostante ciò. 3 Ora noi facciamo questa alleanza davanti al nostro Dio: rimanderemo tutte queste donne e i figli nati da esse, secondo il tuo consiglio, mio signore, e il consiglio di quelli che tremano davanti al comando del nostro Dio. Si farà secondo la legge! 4 Alzati, perché a te è affidato questo compito; noi saremo con te; sii forte e mettiti all'opera!». 5 Allora Esdra si alzò e fece giurare ai capi dei sacerdoti e dei leviti e a tutto Israele che avrebbero agito secondo quelle parole; essi giurarono. 6 Esdra allora, alzatosi davanti alla casa di Dio, andò nella camera di Giovanni, figlio di Eliasib. Là egli passò la notte, senza prendere cibo né bere acqua, perché era in lutto a causa dell'infedeltà dei rimpatriati».

Il testo prosegue con l'elenco delle famiglie le cui mogli erano straniere e, di conseguenza, mogli e figli vengono rimandati. "Rimandati" non solo in Canaan, ma anche in Mesopotamia perché si tratta di rimpatriati provenienti da quella regione.

Come mai una durezza così inumana?

Questa gente rientrata in Giudea, ma sarebbe più corretto dire che stiamo parlando dei figli e dei nipoti degli esiliati perché dopo più di settant'anni dei deportati non è rimasto più nessuno. Essi si rendono conto che non c'è più un re, il territorio non è più Regno d'Israele, ma una minuscola provincia del grande Impero Persiano, e governati da un emissario dell'imperatore. A loro non restano che tre elementi fondamentali per differenziarsi dagli altri popoli: la Legge, il Tempio e nuovo elemento: la stirpe. D'ora in poi non potranno neanche più sognarsi di combinare matrimoni con donne straniere, perché la discendenza sarebbe inquinata e nuovamente  eliminata dal paese.
            Se è così possiamo dire che indipendentemente dall'esito della riforma di Giosia, quella imposta da Esdra ha avuto successo.

            Ma queste imposizioni saranno state gradite da Dio? Tanto più che una prescrizione di questo tipo è assente dal "Codice dell'Alleanza" (Es 20,22-23,32) stipulato durante l'Esodo sul Sinai. Però dobbiamo dire che un'esortazione di questo genere è presente in Dt 7,1-ss. Ma appunto si tratta di una esortazione partorita in sede omiletica, non legislativa, come vedremo più avanti.

Per rispondere a questa domanda ci rivolgiamo al profeta Ezechiele il quale sembra suggerire che Dio voleva un'altra riforma.

Ez 11,14 «Allora mi fu rivolta questa parola di JHWH: 15 «Figlio dell'uomo, ai tuoi fratelli, ai deportati con te, a tutta la casa d'Israele gli abitanti di Gerusalemme vanno dicendo: Voi andate pure lontano dal Signore: a noi è stata data in possesso questa terra. 16 Di' loro dunque: Dice il Signore Dio: Se li ho mandati lontano fra le genti, se li ho dispersi in terre straniere, sarò per loro un santuario per poco tempo nelle terre dove hanno emigrato. 17 Riferisci: Così dice il Signore Dio: Vi raccoglierò in mezzo alle genti e vi radunerò dalle terre in cui siete stati dispersi e a voi darò il paese d'Israele. 18 Essi vi entreranno e vi elimineranno tutti i suoi idoli e tutti i suoi abomini. 19 Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne, 20 perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e li mettano in pratica; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio. 21 Ma su coloro che seguono con il cuore i loro idoli e le loro nefandezze farò ricadere le loro opere, dice JHWH Dio».

Il profeta Ezechiele nasce al tempo di re Giosia e fa parte di una famiglia di sacerdoti del Tempio di lunga tradizione, ma egli non opera come sacerdote, bensì come profeta. Nel 597 fa parte del primo gruppo di deportati a Babilonia. Gerusalemme cadrà dieci anni più tardi. In questa profezia Ezechiele rivela che Dio proprio con gli esiliati si sta preparando un popolo nuovo, radicalmente diverso da quello precedente. Sarà un popolo nuovo perché i suoi componenti "avranno un cuore nuovo e uno spirito nuovo" in quanto "il loro cuore di pietra sarà sostituito da un cuore di carne" capace attuare pienamente la volontà di Dio.
Sono i primi accenni al tema della Nuova Alleanza.
            Ora, non possiamo fare a meno di rilevare che nel testo di Esdra non si tiene nessun conto dei legami affettivi, mentre in quello di Ezechiele viene richiesto un profondo legame affettivo, capace di trasformare il cuore che così viene abilitato alla piena osservanza della Legge.

            Tutto questo ci porta a dire che è necessaria una profonda riflessione a riguardo della Legge.

 

26 - ottobre - 2023

* Lettura 03                          La Torah

 Riprendiamo l'argomento della Legge che avevamo anticipato nella lettura precedente.

Solitamente traduciamo "torah" con "legge", di conseguenza attribuiamo al termine ebraico tutto l'universo simbolico che riguarda la nostra comprensione di "legge". Però abbiamo già avuto modo di dire che una traduzione puramente letterale rischia di impedirci la corretta comprensione dei significati: la traduzione linguistica deve essere accompagnata dalla traduzione culturale, vale a dire che dobbiamo calarci nella cultura cui appartiene quel termine oltre ad esplorare le variazione storiche che esso ha subito nel tempo. Anche perché tutti i concetti, le definizioni e le stesse parole che noi oggi usiamo hanno una storia alle spalle.

            Un primo approccio rivela che il termine Torah è un sostantivo che deriva dalla radice "jarah" che significa: istruire, mostrare, rivelare, ammaestrare. Se è così, non abbiamo a che fare con qualcuno che impone una regola e tutti devono "credere, obbedire, combattere", ma siamo rimandati ad un percorso di comprensione, apprendimento e scoperta di ciò che prima era sconosciuto. Si tratta di fare un cammino verso una vita buona, una vita gustosa e felice. Ma attraverso delle restrizioni? Non restrizioni, ma guida della libertà perché lasciata a se stessa, la libertà rischia di fare naufragio.

            Altro aspetto fondamentale della comprensione di questo termine ce lo consegna il confronto tra la nostra struttura della Bibbia, proveniente da quella greca, e quella seguita dagli ebrei.
Il Canone Greco e quindi il nostro, la suddivide in:

1- Pentateuco, costituito dai primi cinque libri: Genesi, Esodo, Numeri, Levitico e Deuteronomio, che per gli ebrei costituisce la Torah.

2- Libri storici composto da sedici libri; sezione che il canone ebraico chiama Profeti anteriori.

3- Libri profetici, che comprende tutti i profeti, composto da diciotto libri; e questo coincide con il canone ebraico.

4 - Libri sapienziali che il canone ebraico chiama: "Altri Scritti" o semplicemente "Scritti". Il numero dei libri sapienziali non è lo stesso per le due tradizioni perché, in linea di massima, il canone ebraico, insieme ai protestanti, esclude quelli in origine scritti in greco.

            Ora, se ci pensiamo bene ci rendiamo conto che i libri che compongono la Torah secondo il canone ebraico, non è fatto solo di testi legislativi, ma soprattutto di molte storie che, secondo la nostra comprensione, nulla avrebbero a che fare la Legge. Non così per l'ebraismo che considera la storia biblica come momento normativo in cui si mostra l'agire di Dio, la Sua volontà e la conseguente risposta degli uomini.

I momenti fondativi della Torah, che ribadiamo non è fatta solo di codici, possiamo brevemente descriverli di seguito.

PRIMO CERCHIO

            1- Nel primo cerchio troviamo Genesi 1-11 a che a rigore non è storia, ma una "eziologia metastorica", cioè un racconto che cerca di spiegare quello che accade nell'oggi di ogni tempo e di ogni uomo. Un archetipo di quello che ogni uomo nato sotto il sole sperimenta nella sua vita. Quindi non fonte di conoscenza scientifica sulle origini del mondo, ma fonte di conoscenza dell'uomo di adesso. Ne abbiamo parlato lungamente nelle  prime letture del libro di Genesi  (vedi archivio).
In questi capitoli abbiamo potuto scoprire l'opera buona di Dio nel creare ogni cosa "buona" e al vertice della creazione vi ha posto l''uomo: l'opera più importante e "pericolosa". Pericolosa perché dotata di un grande dono: la libertà; condizione necessaria perché l'uomo sia in grado di rispondere con amore al Creatore. L'amore esige la libertà. Sappiamo come il racconto finisce: la parola del serpente prevale su quella di Dio. Ma Dio non "molla" le sue creature. Le allontana dal Giardino perché non compiano altri disastri, ma subito si preoccupa della loro sopravvivenza: Gn 3,21 «JHWH Dio fece all'uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì».
Già da questi primi capitoli emerge la tenerezza di Dio e la libertà dell'uomo che non sempre è in grado di corrisponderLe adeguatamente.

            A rigore, qui non c'è alcuna Legge secondo la nostra comprensione, ma una semplice avvertenza: "non mangiare di quell'albero...", tutto il resto è una storia che rivela l'amore di Dio e la fragilità della libertà umana.
Però questo racconto è normativo: se l'uomo vuole una vita gustosa e felice deve osservare la volontà di Dio che è volontà che mira al suo bene.
            Per essere corretti dobbiamo dire che in questo cerchio si parla di un generico "male" ma senza specificarne la qualità né la sua origine. Come anche nella premessa al racconto del diluvio: 

Gn 6,5 «Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male».

Più evidente la presenza del male nel racconto di Caino e Abele, perché l'uccisione di un uomo, il primo omicidio, non ha bisogno di leggi per coglierne il male, la sua gravita e le conseguenze.

Gn 4,6 «JHWH disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? 7 Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo».

In entrambi i casi non siamo di fronte a "Leggi" o testi legislativi come noi intendiamo, ma semplicemente all'emergere del male che trova la sua origine nel cuore dell'uomo e nella sua libertà fuori controllo. 

SECONDO CERCHIO

            Il secondo cerchio Gn 12-50 è costituito dal Ciclo dei Patriarchi: Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuseppe. Anche in questo caso non troviamo la presentazione di un codice e tuttavia troviamo azioni giudicate negativamente. 
            La condotta degli abitanti di Sodoma e Gomorra è causa dell'intervento di Dio che distrugge le due città mediante una pioggia di fuoco e zolfo.
            In Gn 17 si chiede ad Abramo di praticare la circoncisione verso di sé e tutti i componenti del clan, come segno dell'Alleanza. Tuttavia Gn 15 riporta un'altra narrazione dell'Alleanza in cui si impegna solo Dio mentre Abramo è preso da un "profondo torpore"; forse un'allusione alla Nuova Alleanza della quale parla Ezechiele?
            La sottrazione della primogenitura di Esaù ad opera di Rebecca e Giacobbe, così come gli inganni perpetrati da Labano verso Giacobbe sono considerati negativamente, ma non troviamo alcuna obiezione verso Rachele che ha rubato al padre, Labano, gli idoli di casa, anzi, se ne loda la furbizia. Un tema, quello dell'idolatria, che sarà oggetto di conseguenze gravissime negli altri libri della Bibbia.
            Nella storia di Giuseppe appare sin dall'inizio il giudizio negativo circa l'operato dei fratelli verso il protagonista, ma da nessuna parte abbiamo trovato in esplicito comandamento che lo vietasse. Anzi, sappiamo che per debiti si usava vendere come schiavi gli stessi componenti della famiglia.
            In definitiva, i comportamenti di questi Patriarchi sono considerati normativi, perciò parte della "Torah" a tutti gli effetti.

TERZO CERCHIO

            Questa terza parte è sostanzialmente riferita all'epopea dell'esodo e alle sue conseguenze.
La vicenda esodica è composta da tre aspetti: l'uscita dall'Egitto, il cammino nel deserto, l'ingresso e il possesso della Terra. Sono tre verbi che segnano il percorso di qualsiasi riforma, sia essa di Israele, della Chiesa e di qualunque persona che voglia progredire. Bisogna lasciare le pseudo-sicurezze, compiere un faticoso cammino di ricerca, per entrare in un nuovo ambito spirituale.

Tornando al nostro cerchio, gli argomenti sono trattati da quattro libri: Esodo, appunto, Numeri, Levitico e Deuteronomio.
            A differenza di Genesi in Esodo troviamo, poco dopo l'uscita la formulazione di una prima legge: le Dieci Parole o Decalogo o Comandamenti. E il perché si intuisce al volo. Il gruppo di ex schiavi miracolosamente liberati dai lavori forzati egiziani, non è un popolo, ma un insieme non strutturato di persone, pronte a litigare tra di loro e a lamentarsi con Mosè alla difficoltà che incontra nel cammino verso la Terra.
Le lamentele iniziano già tre giorni dopo la miracolosa traversata del Mar Rosso:

Es 15,22 «Mosè fece levare l'accampamento di Israele dal Mare Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni nel deserto e non trovarono acqua. 23 Arrivarono a Mara, ma non potevano bere le acque di Mara, perché erano amare. Per questo erano state chiamate Mara. 24 Allora il popolo mormorò contro Mosè: «Che berremo?». 25 Egli invocò il Signore, il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell'acqua e l'acqua divenne dolce».

La cosa si ripete qualche settimana dopo:

Es 16,2 «Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. 3 Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nel paese d'Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatti uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine».

Ci limitiamo a questi due episodi che di tanto in tanto e in altre forme si ripetono, il che sta a dire che la pratica della libertà non è cosa facile da attuare perché essa deve essere associato alla responsabilità.
            Un altro passaggio merita di essere sottolineato, l'istituzione dei giudici. La scena si svolge in prossimità del Sinai in un accampamento nel quale è arrivata Zippora, moglie di Mosè, e Ietro, il suocero. Questi si rende conto che Mosè passa l'intera giornata a dirimere le questioni e i litigi che insorgono tra i membri del popolo e allora Ietro lo consiglia di istituire dei giudici.   

Es 18,17 «Il suocero di Mosè gli disse: «Non va bene quello che fai! 18 Finirai per soccombere, tu e il popolo che è con te, perché il compito è troppo pesante per te; tu non puoi attendervi da solo. 19 Ora ascoltami: ti voglio dare un consiglio e Dio sia con te! Tu sta' davanti a Dio in nome del popolo e presenta le questioni a Dio. 20 A loro spiegherai i decreti e le leggi; indicherai loro la via per la quale devono camminare e le opere che devono compiere. 21 Invece sceglierai tra tutto il popolo uomini integri che temono Dio, uomini retti che odiano la venalità e li costituirai sopra di loro come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. 22 Essi dovranno giudicare il popolo in ogni circostanza; quando vi sarà una questione importante, la sottoporranno a te, mentre essi giudicheranno ogni affare minore. Così ti alleggerirai il peso ed essi lo porteranno con te. 23 Se tu fai questa cosa e se Dio te la comanda, potrai resistere e anche questo popolo arriverà in pace alla sua mèta». 

Ecco, l'istituzione di giudici che conoscano le leggi e la facciano applicare dai trasgressori è un tappa importante per fare progredire questo gruppo di ex schiavi verso la struttura di un popolo. 

            Tuttavia manca ancora una Legge. La prima forma viene comunicata in modo prodigioso a Mosè sul Sinai. Si tratta delle Dieci Parole, o Decalogo, più conosciuto come  Dieci Comandamenti. Per motivi di spazio non riportiamo la narrazione, ma possiamo rimandare alla riflessione svolta in Archivio Esodo Letture da 76  a  90.
  Al Decalogo seguiranno anche le leggi che riguardano la pratica della religione come la costruzione di un altare, la liturgia, la costruzione della Tenda del Convegno come anticipazione del Tempio di Gerusalemme che avverrà tre secoli dopo.  
            Nel libro di Esodo sono riportati altri codici o leggi che, secondo la critica, sono state istituite dopo l'insediamento in Canaan perché alcuni articoli non sarebbero applicabili ad un gruppo di nomadi che cammineranno nel deserto per quarant'anni. Si tratta di uno spostamento che avrebbe lo scopo di dare ad esse un criterio autoritativo maggiore essendo opere attribuite a Dio e rivelate a Mosè. Tra di esse il Codice dell'Alleanza Es 20,22- 23,32; Leggi sul Santuario e Ministri del culto Es 25,1-31,16.
            Qualcosa di simile accade anche per i Libri di Numeri e Levitico nei quali le Leggi sono intervallate da vicende che accadono a questi nomadi mentre vagano nel deserto per quarant'anni.

E come abbiamo già detto non costituisce Legge soltanto ciò che è scritto su un rotolo, ma anche o soprattutto le vicende che hanno a che fare con Dio.
Ripetiamo: come in Genesi anche in questi altri tre Libri: Esodo; Numeri e Levitico sono normativi anche i comportamenti del popolo e di suoi membri nel loro rapporto con Dio.

            Questo è il motivo per cui nel prosieguo, possibilmente, non useremo il termine  Legge, che ci rimanda ai nostri Palazzi di Giustizia, ma Torà o Torah.

 

4 - novembre - 2023

* Lettura 04       Struttura letteraria del Deuteronomio

            Gli esegeti sono concordi nell'individuare una struttura di Deuteronomio suddividendolo in quattro parti, tutte caratterizzate da un inizio del tipo:
                                    
"Queste le parole /Torà / parole / benedizioni ...".

Sempre si tratta dell'inizio di un discorso di Mosè, quindi quattro discorsi, tutti tenuti nello stesso giorno.
Gli inizi sono precisamente i seguenti:

            1 => Dt 1,1«Queste le parole che Mosè disse ad Israele al di là del Giordano...».
            2=> Dt 4,44 «Questa è la Torà che Mosè espose alla presenza deli israeliti...».
            3=> Dt 28,69 «Queste sono le parole dell'alleanza che JHWH comandò a Mosè...».
            4=> Dt 33,1 «Questa è la benedizione con la quale Mosè, uomo di Dio...».

Già da questa semplice ripartizione ci rendiamo conto a colpo d'occhio della grande sproporzione tra le diverse sezioni. La prima è composta all'incirca di 4 capitoli; la seconda di circa 24 capitoli; la terza di 4 capitoli e la quarta di soli due capitoli.

            All'interno di queste grandi sezioni sono riconoscibili delle sottosezioni che cerchiamo di descrivere sinteticamente.

PRIMO DISCORSO 1,1 - 4,43

            => Nella prima parte Mosè riprende la storia passata, i quarant'anni trascorsi nel deserto: le difficoltà, le guerre con coloro che ne ostacolavano il cammino, le deviazioni dal percorso per non avere conflitti con i popoli discendenti dai parenti dei Patriarchi: Lot ed  Esaù. 
Il testo mette bene in chiaro che questi discorsi avvengono in prossimità della scadenza dei quarant'anni trascorsi nel deserto, dopo che il popolo si era rifiutato di entrare nella Terra spaventato dalla descrizione degli abitanti. Il rifiuto ad entrarvi è stato un atto di sfiducia verso Dio che aveva promesso il suo intervento. Quella generazione fu condannata a non entrarvi mai più. Questa ripresa storica è necessaria per spiegare agli attuali ascoltatori la disobbedienza dei padri e la peregrinazione conseguente.

            => La seconda parte, Dt 4, è costituita da un accorato invito di Mosè a rispettare la Torah e il testo mostra chiaramente che si tratta in particolare del primo comandamento: «... non avrai altro Dio fuori di me...». E se ne capisce al volo la ragione. Finché essi stavano nel deserto, guidati dalla Nube di giorno e dalla Nube di Fuoco durante la notte, non c'erano tentazioni idolatriche, ma una volta entrati in Canaan, mescolati con altre genti, la tentazione al sincretismo religioso era più che mai attraente: se un dio protegge due o più dèi proteggono di più.    

            => Morte di Mosè: inclusione
Non dobbiamo perdere di vista che in questi versetti si parla della morte di Mosè; un argomento che ritorna anche nell'ultimo capitolo per cui per cui questo argomento fa di inclusione. Vale a dire tutto il Deuteronomio è dominato da questo tema. Allora risulta ovvio affermare che questi quattro discorsi sono una sorta di addio al popolo e più in generale, una specie di testamento del primo e più grande profeta di Israele.

SECONDO  DISCORSO 4,44-28,68

Lo esploriamo suddividendolo in due sezioni:

            La prima sezione 4,44-11,32 che può essere suddivisa in quattro parti.
1a parte  4,44- 6,3  Rievocazione del Sinai e del Decalogo
2 a parte 6,4-8,20   Esortazione alla fedeltà a JHWH
3a parte  9,1- 10,11  Ostinazioni e ribellioni di Israele
4a parte  10,12-11,32  Esortazione ad essere fedeli all'Alleanza        

            La seconda sezione 12,1- 28,68 è costituita dal Codice Deuteronomico e lo possiamo suddividere secondo alcuni settori della società:
1- Culto  12,6-16,17
2- Organizzazione dello Stato 16,18-20,20
3- Diritto familiare e leggi varie 21,1-26,15
4- Conclusione dell'Alleanza con l'aggiunta di benedizioni e maledizioni 26,16-28,68

            Riteniamo importante rilevare che una parte del Codice dell'Alleanza (Es 21-23), è richiamata nel Codice Deuteronomico, ma in un ordine diverso, forse perché essendo inserito di fatto in un testo omiletico la successione non rispetta Esodo, ma il criterio dell'omileta. Vengono espresse molte norme parallele che dovranno essere valutate più avanti. Però troviamo che, grosso modo, il 50% delle norme corrispondono con il Codice dell'Alleanza, ma un altro 50%  divergono. Allora sorge il problema di spiegare queste differenze. Come mai una parte comune e una parte mancante? Le leggi presenti in Deuteronomio sono originali o provengono da un Codice perduto o addirittura un codice più antico da cui dipende sia Deuteronomio che Esodo?
D'altra parte sappiamo anche che mentre il Decalogo è stato rivelato a Mosè sul Sinai tutte le altre leggi, anche per gli argomenti trattati, sono norme provenienti da un mondo stanziale e da uno Stato consolidato e maturo. Certamente non da un gruppo di ex schiavi che, al momento, non ha neanche un territorio nel quale stabilirsi.

            La terza sezione "Benedizioni e maledizioni",  28,1 - 28,68  è costituita da una serie di benedizioni se si osserva l'Alleanza e maledizioni se non la si rispetta; un capitolo comune a tutti i trattati di alleanza dell'epoca: Assiria, Persia, Mari, Ittiti, ecc.
L'idea che regge questa sezione potrebbe essere la convinzione che l'esperienza dell'Esilio sia stata conseguenza delle innumerevoli trasgressioni all'Alleanza Sinaitica e che questa Nuova Alleanza porti ad un cuore nuovo capace di esserle fedele.  

TERZO  DISCORSO  28, 69-32,48

Qui troviamo le ultime disposizioni di Mosè delle quali la più significativa è la nomina di Giosuè come il condottiero che introdurrà il popolo alla conquista della Terra.
Abbiamo anche una parte teologicamente molto densa e significativa (cc 31-32) proveniente da riflessioni tardive, che dovremo esaminare a suo tempo.

QUARTO  DISCORSO 33,1 - 34,12

Questa breve sezione è costituita dalle Benedizioni di Mosè verso suddivise nominalmente tra le dodici tribù sul modello di quelle di Giacobbe  di Gn 49.
A questo segue la salita di Mosè sul monte Nebo dal quale Dio gli consente di contemplare tutta la Terra nella quale poco dopo, guidato da Giosuè , il popolo entrerà per prenderne possesso. Su quella vetta Mosè chiude la sua esistenza e viene accolto per sempre  tra le braccia di JHWH.  

Ai piedi del monte, in territorio di Moab, egli sarà sepolto, ma poi nessuno è mai riuscito a ritrovare la sua tomba.

 

17 - novembre - 2023

* Lettura 05            L'opera Deuteronomistica

             Nella lettura precedente abbiamo esplorato la struttura letteraria del Deuteronomio così come ci appare semplicemente osservando il testo che abbiamo tra le mani. Tale struttura è indubbiamente corretta, ma riteniamo necessario eseguire un ulteriore approfondimento.
Anzitutto non possiamo ragionare sul nostro libro senza affrontare l'opera deuteronomistica, che cerchiamo di spiegare brevemente.
Leggendo il testo ci renderemo facilmente conto della ricorrenza costante di alcune espressioni tipiche di questo libro che lo rendono inconfondibile. Ne riportiamo alcune: "amare Dio"; "stare uniti a Dio"; "seguire altri dèi"; "servire altri dèi"; "guardati dal..." o al plurale: "guardatevi dal..." e tante altre che non riportiamo.

Però ritroviamo queste espressioni ricorrenti anche in altri libri: Giosuè, Giudici, 1 Samuele, 2 Samuele, 1 Re e 2 Re.
Oltre a queste espressioni troviamo anche una teologia analoga. Una per tutte. Nella nostre incursioni su Esodo e soprattutto in Genesi abbiamo sempre trovato promesse della Terra senza condizioni.
In Deuteronomio e negli altri libri citati, la promessa della Terra e il suo possesso sono sempre condizionati. Nel senso, ad esempio "Se servite altri dèi perderete la Terra", mentre in tutta Genesi non abbiamo mai trovato un comando che vietasse l'idolatria e tanto meno una condizione alla promessa della Terra. Tema invece ricorrente in questi sette libri.
Tutto questo porta gli studiosi ad affermare che accanto alle altre tradizioni: Elohista - E, Jahwista - J, Sacerdotale P, esiste un'ulteriore tradizione, la deuteronomica, appunto D. Questa è la più recente nata poco prima e durante e dopo l'Esilio. Aspetto teologico importante è il tentativo di spiegare la causa della perdita della Terra, del Regno d'Israele, ecc. Adesso, quello che è rimasto di Israele e Giuda è governato da popoli stranieri.

            C'è un altro aspetto, oltre al linguaggio e alla teologia, che lega questi libri tra di loro ed è il legame tra la fine di uno e l'inizio del successivo. Il primo che l'aveva evidenziato è stato un personaggio più noto in campo filosofico che teologico, Benedetto Baruch Spinoza (1632- 1677). Di famiglia ebraica portoghese, costretta a fuggire in Olanda conosceva molto bene la Bibbia e i libri che la commentavano.

Ora se consideriamo l'inizio di Deuteronomio troviamo:

 Dt 1:1 «Queste sono le parole che Mosè rivolse a tutto Israele oltre il Giordano, nel deserto, nella valle dell'Araba, di fronte a Suf, tra Paran, Tofel, Laban, Cazerot e Di-Zaab».

E ci rendiamo conto subito che chi scrive il nostro libro non è Mosè e neppure scritto mentre lo stesso Mosè  parlava, ma messe su carta in  un periodo successivo e in una località diversa da quella in cui vennero pronunciate. Oltretutto non c'è un rimando ai libri precedenti del Pentateuco. Lo stesso nome "Pentateuco" non esprime un legame contenutistico, ma un contenitore di questi cinque libri: una teca, astuccio, scaffale, ripiano.

Però Deuteronomio finisce con le seguenti parole:

Dt 34,5 «Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nel paese di Moab, secondo l'ordine del Signore. 6 Fu sepolto nella valle, nel paese di Moab, di fronte a Bet-Peor; nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba. [...] 9 Giosuè, figlio di Nun, era pieno dello spirito di saggezza, perché Mosè aveva imposto le mani su di lui; gli Israeliti gli obbedirono e fecero quello che il Signore aveva comandato a Mosè».

L'imposizione delle mani nella Liturgia cristiana è il gesto che produce l'infusione dello Spirito Santo. Comunque anche nel Primo Testamento segna un'investitura in piena regola attraverso l'imposizione delle mani.

è Il libro successivo Giosuè inizia con queste parole:

Gios 1:1 «Dopo la morte di Mosè, servo di JHWH, JHWH disse a Giosuè, figlio di Nun, servo di Mosè: 2 «Mosè mio servo è morto; orsù, attraversa questo Giordano tu e tutto questo popolo, verso il paese che io dò loro, agli Israeliti».

Il legame è più che evidente: sembra si passi ad un altro libro per motivi di spazio, ma si sarebbe potuto proseguire senza problemi.
Il libro di Giosuè termina come segue:  

Gios 24,29 «Dopo queste cose, Giosuè figlio di Nun, servo di JHWH, morì a centodieci anni 30 e lo seppellirono nel territorio di sua proprietà a Timnat-Serach, che è sulle montagne di Efraim, a settentrione del monte Gaas».

è Al libro di Giosuè segue quello dei Giudici e il legame con il precedente appare subito nelle prime righe:

Gdc 1,1 «Dopo la morte di Giosuè, gli Israeliti consultarono JHWH dicendo: «Chi di noi andrà per primo a combattere contro i Cananei?». 2 JHWH rispose: «Andrà Giuda: ecco, ho messo il paese nelle sue mani». 3 Allora Giuda disse a Simeone suo fratello: «Vieni con me nel paese, che mi è toccato in sorte, e combattiamo contro i Cananei; poi anch'io verrò con te in quello che ti è toccato in sorte».

Il libro di Giudici a sua volta termina con i seguenti versetti:

Gdc 21,24 «In quel medesimo tempo, gli Israeliti se ne andarono ciascuno nella sua tribù e nella sua famiglia e da quel luogo ciascuno si diresse verso la sua eredità. 25 In quel tempo non c'era un re in Israele; ognuno faceva quel che gli pareva meglio».

Il libro di Giudici termina con una frase che lascia il racconto come sospeso: ognuno torna a fare i suoi affari e tutto resta come sospeso. Viene però messo un aggancio al libro successivo, quello di Rut la moabita che sarà la bisnonna del grande re Davide. Un aggettivo, moabita,  che definisce la provenienza di Rut che dovette andare di traverso ai redattori finali così attenti alla purezza della stirpe. Si tratta comunque di iniziare le storie di Davide che dovranno passare attraverso l'attività dell'ultimo giudice e profeta, Samuele, il primo re Saul, per poi passare a Davide.

èIl legame con il libro precedente risulta ancora evidente, si menziona di proposito il periodo dei Giudici:

Rut 1,1 «Al tempo in cui governavano i giudici, ci fu nel paese una carestia e un uomo di Betlemme di Giuda emigrò nella campagna di Moab, con la moglie e i suoi due figli. 2 Quest'uomo si chiamava Elimèlech, sua moglie Noemi e i suoi due figli Maclon e Chilion; erano Efratei di Betlemme di Giuda. Giunti nella campagna di Moab, vi si stabilirono».

Il libro di Rut inizia con una carestia che spinge un uomo di Betlemme (Bet = casa; lehem = pane) un evidente paradosso: la casa del pane che resta senza pane. Dio agisce sempre senza fare chiasso!
A Betlemme, quando finirà la carestia torneranno solo Noemi la nuora Rut la moabita perché i rispettivi mariti sono morti.

Rut 4,14 «E le donne dicevano a Noemi: «Benedetto JHWH, il quale oggi non ti ha fatto mancare un riscattatore perché il nome del defunto si perpetuasse in Israele! 15 Egli sarà il tuo consolatore e il sostegno della tua vecchiaia; perché lo ha partorito tua nuora che ti ama e che vale per te più di sette figli». 16 Noemi prese il bambino e se lo pose in grembo e gli fu nutrice. 17 E le vicine dissero: «È nato un figlio a Noemi!». Essa lo chiamò Obed: egli fu il padre di Iesse, padre di Davide».

è Con quest'ultima frase si rimanda senza remore alle storie di Davide con la fine del periodo dei Giudici e il passaggio alla monarchia. Però c'è ancora un ultimo giudice e profeta, Samuele, che favorirà, pur controvoglia, il passaggio alla monarchia.  

1Sam 1:1 «C'era un uomo di Ramatàim, uno Zufita delle montagne di Efraim, chiamato Elkana, figlio di Ierocàm, figlio di Eliàu, figlio di Tòcu, figlio di Zuf, l'Efraimita. 2 Aveva due mogli, l'una chiamata Anna, l'altra Peninna. Peninna aveva figli mentre Anna non ne aveva».

Le donne importanti del Primo Testamento sono quasi tutte sterili: Sara, Rebecca, Rachele, Anna madre di Giovanni Battista. La storia prosegue raccontando la nascita di Samuele la cui madre però era sterile e solo l'intervento di Dio le concesse un figlio, Samuele appunto.
            In diverse occasioni abbiamo detto che Dio, il nostro Dio, è il Signore della Storia, ma se pensiamo ai grandi condottieri: Da Alessandro Magno, a Napoleone, Hitler e compagnia bella, saremmo fuori strada. Una per tutte: quando nasce il Figlio, seconda Persona della Trinità, nessuno se n'è accorto e tanto meno l'Imperatore di Roma che governava il mondo di allora.
            In questo caso il legame con il libro precedente appare un poco lasco, ma sarà proprio Samuele che ungerà Davide, ancora fanciullo, re d'Israele.
Il libro Primo di Samuele termina narrando la morte del re Saul e dello scempio del suo cadavere fatto dai filistei.

1 Sam 31,9 «Essi tagliarono la testa di lui [Saul], lo spogliarono dell'armatura e inviarono queste cose nel paese dei Filistei, girando dovunque per dare il felice annunzio ai templi dei loro idoli e a tutto il popolo. 10 Posero poi le sue armi nel tempio di Astàrte e appesero il suo corpo alle mura di Beisan. 11 I cittadini di Iabes di Gàlaad vennero a sapere quello che i Filistei avevano fatto a Saul. 12 Allora tutti gli uomini valorosi si mossero: partirono nel pieno della notte e sottrassero il corpo di Saul e i corpi dei suoi figli dalle mura di Beisan, li portarono a Iabes e qui li bruciarono. 13 Poi presero le loro ossa, le seppellirono sotto il tamarisco che è in Iabes e fecero digiuno per sette giorni». 

è Il secondo libro di Samuele inizia riprendendo la storia di Davide

2Sam 1, 1«Dopo la morte di Saul, Davide tornò dalla strage degli Amaleciti e rimase in Ziklàg due giorni. 2 Al terzo giorno ecco arrivare un uomo dal campo di Saul con la veste stracciata e col capo cosparso di polvere. Appena giunto presso Davide, cadde a terra e si prostrò. 3 Davide gli chiese: «Da dove vieni?». Rispose: «Sono fuggito dal campo d'Israele».

Anche questo secondo libro di Samuele termina mentre sta raccontando le storie di Davide

2 Sam 24,24 «Ma il re [Davide] rispose ad Araunà: «No, io acquisterò da te queste cose per il loro prezzo e non offrirò al Signore mio Dio olocausti che non mi costino nulla». Davide acquistò l'aia e i buoi per cinquanta sicli d'argento; 25 edificò in quel luogo un altare al Signore e offrì olocausti e sacrifici di comunione. JHWH si mostrò placato verso il paese e il flagello cessò di colpire il popolo».

è Il passaggio al Primo libro dei Re non è altro che continuazione della storia di Davide:

1Re 1,1 «Il re Davide era vecchio e avanzato negli anni e, sebbene lo coprissero, non riusciva a riscaldarsi. 2 I suoi ministri gli suggerirono: «Si cerchi per il re nostro signore una vergine giovinetta, che assista il re e lo curi e dorma con lui; così il re nostro signore si riscalderà». 3 Si cercò in tutto il territorio d'Israele una giovane bella e si trovò Abisag da Sunem e la condussero al re. 4 La giovane era molto bella; essa curava il re e lo serviva, ma il re non si unì a lei».

Il Primo libro dei Re termina mentre sta raccontando la storia del più grande profeta dopo Mosè, Elia.

1Re 22,52 «Acazia, figlio di Acab, divenne re d'Israele in Samaria nell'anno diciassette di Giòsafat, re di Giuda; regnò due anni su Israele. 53 Fece ciò che è male agli occhi del Signore; imitò la condotta di suo padre, quella di sua madre e quella di Geroboamo, figlio di Nebàt, che aveva fatto peccare Israele. 54 Venerò Baal e si prostrò davanti a lui irritando il Signore, Dio di Israele, proprio come aveva fatto suo padre».

Qui non troviamo una citazione diretta di Elia, ma del re che sta governando Israele e con il quale Elia avrà uno scontro.

è 2 Re inizia citando la morte di re Acab per cui appare stretto il legame con il libro precedente:

2Re 1,1 «Dopo la morte di Acab Moab si ribellò a Israele».

Alla fine della Storia di Elia seguirà quella del Profeta Eliseo suo discepolo e poi l'elenco di tutti i re d'Israele e di Giuda sino alla fine del Regno di Giuda e dell'autonomia politica della regione.

2 Re 25, 27 «Ora nell'anno trentasette della deportazione di Ioiachìn, re di Giuda, nel decimosecondo mese, il ventisette del mese, Evil-Merodach re di Babilonia, nell'anno in cui divenne re, fece grazia a Ioiachìn re di Giuda e lo fece uscire dalla prigione. 28 Gli parlò con benevolenza, gli assegnò un seggio superiore ai seggi dei re che si trovavano con lui in Babilonia 29 e gli fece cambiare le vesti che aveva portato nella prigione. Ioiachìn mangiò sempre dalla tavola del re per tutto il resto della sua vita. 30 Il suo vitto quotidiano gli fu assicurato sempre dal re di Babilonia, finché visse».

Con questi versetti termina anche il secondo libro dei Re narrando la fine ingloriosa dell'ultimo re di Giuda deportato a Babilonia ancora prima della caduta di Gerusalemme.

            Comprendiamo al volo che tutti questi libri raccolgono la storia di Israele dalla fine del cammino nel deserto, alla conquista della Terra, passando dalla monarchia, alla sua fine e alla perdita della Terra. Il tutto visto attraverso le lenti del Deuteronomio ovvero della Scuola deuteronomista.      

            Questa lunga successione di libri sacri, che compongono l'Opera Deuteronomistica, ci porta a dire che il libro del Deuteronomio è parte di un opera più vasta, partorita da una scuola vissuta probabilmente per quattro o più secoli a cavallo dell'Esilio babilonese, per cui la stessa struttura del Deuteronomio non può limitarsi al semplice aspetto letterario, ma deve esplorare anche il percorso della sua formazione storica.

 

1 - dicembre - 2023

* Lettura 06           Storia della formazione del Deuteronomio

Abbiamo già visto che possiamo strutturare il Deuteronomio suddividendolo in quattro discorsi tenuti da Mosè in territorio di Moab prima che il popolo attraversasse il Giordano:
primo discorso 1,1 - 4,43
secondo  discorso 4,44-28,68
terzo  discorso  28, 69-32,48
quarto  discorso 33,1 - 34,12

Il nostro libro non è nato di getto dalla penna di un redattore seduto a tavolino, ma è il risultato della raccolta di testi ed elaborazioni successive per dare all'intero libro la forma del Trattato di Alleanza. Secondo alcuni autori la liturgia praticata per il rinnovo dell'Alleanza con il Dio dell'Esodo e comunque compilato secondo modelli di questi trattati in uso presso il popoli dell'Antico Vicino Oriente.

La storia della composizione dovrebbe essere avvenuta in quattro fasi.

PRIMA FASE parte originaria:  Codice Deuteronomico cc 12-26

            Il nucleo originario dell'intero libro è costituito dalle parti più antiche del Codice del Deuteronomico il quale va dal capitolo 12 a tutto il 26. Quali siano dette parti più antiche di questo codice e quelle aggiunte successivamente esula dal campo delle nostre riflessioni e lasciamo il compito a studi specifici. Ad ogni modo possiamo dire che questo nucleo originario proviene dal Regno del Nord e fu probabilmente  portato a Gerusalemme da Leviti sfuggiti alla caduta di Samaria nel 722 - 721 a.C. evitando così la deportazione e dispersione nell'Impero Assiro. A quel tempo regnava a Gerusalemme Ezechia un re considerato pio; tuttavia nella Bibbia non v'è traccia del trattamento subito da questi fuggiaschi. 
            Potrebbe  essere questa la Torah che fu ritrovata durante lavori di ristrutturazione all'interno del Tempio di Gerusalemme come racconta 2Re 22, 1-11. Di questo fatto ne abbiamo parlato nella Lettura 2.

            Come facciamo a sostenere che il nucleo originario proviene dal regno del Nord?
1- L'ipotesi riportata nelle righe precedenti, cioè la fuga da Samaria, costituisce già una delle possibili giustificazioni.
Come abbiamo detto altrove queste leggi, messe in bocca a Mosè, nei pressi Moab prima dell'entrata in Canaan, non sono state rivelate in quel luogo, ma nate in strutture statuali mature e consolidate pur tenendo conto di antiche tradizioni orali, adattandole alle condizioni di vita reali successive all'insediamento nella Terra Promessa.
Di queste condizioni di vita reali locali ricordiamo:

2- La differenza economica
            Il regno di Giuda, quello del Sud, è arroccato sulle montagne, con un'economia povera: un'agricoltura che doveva strappare con grande fatica piccoli appezzamenti alle pendici dei monti. Mancanza di fiumi significativi con torrenti che si esaurivano in pochi giorni per cui l'acqua doveva essere conservata nelle cisterne. La quasi totale assenza di cavalli, non adatti alla montagna, sostituiti da asini e forse anche muli.

Ben diversa la situazione nel Regno del Nord che disponeva di ampie vallate, diverse pianure e una discreta disponibilità di acqua e relative sorgenti. Si pensi al mare / lago di Galilea che riceve acqua dai monti del Libano che arrivano fino a 3000 metri, spesso innevate e alla ricchezza fornita dalla pesca nelle acque dello stesso lago.
Queste differenze nella produzione di beni necessari alla vita comporta anche la pratica di leggi differenti.

3- Differenza storico-politica
            Qui dobbiamo fare una breve ripresa storica. L'insediamento nei territori di Canaan non è avvenuto tutto insieme e in una volta come risulterebbe dalla letture dei Libri di Giosuè e Giudici, ma si è protratto in un periodo di tempo prima e dopo la discesa in Egitto e la vicenda di Esodo.

Inoltre non tutte le tribù hanno vissuto l'esperienza della schiavitù, ma solo alcune di esse. Resta il fatto che la loro esperienza della schiavitù, della Liberazione e della Rivelazione sinaitica è diventata patrimonio comune: ogni ebreo (e anche ogni cristiano) confessa di essere stato schiavo in Egitto e liberato miracolosamente da Dio.

La gran parte della conquista di Canaan è principalmente avvenuta per assimilazione. Quando iniziò l'emigrazione dalla Mesopotamia verso il Mediterraneo questi nomadi, che vivevano di pastorizia, vagavano alle periferie delle città-stato cananee scambiando prodotti  con le popolazioni stanziali e lentamente assimilandosi più o meno pacificamente con esse. Allora comprendiamo anche le battaglie condotte da tutti i profeti contro l'idolatria e il sincretismo religioso. Esistevano norme nelle altre religioni che potevano esercitare un certo fascino sugli ebrei. Una per tutte: la prostituzione sacra, ecc. E poi se una divinità protegge, due proteggono ancora di più e se più di due, meglio ancora... l'idolatria è sempre stata una tentazione vivace.

Quando sorge il Regno di Davide e poi di Salomone, un vero e proprio Impero, tutte le leggi vengono unificate e soprattutto viene unificato il culto che può essere praticato solo a Gerusalemme nell'unico tempio di tutto il regno e vengono abbandonati, se non distrutti, tutti i santuari, ch'erano sparsi nel territorio: Betel, Galgala, Beersheba, ecc.
            Alla morte di Salomone segue la separazione in due parti del Regno, Nord e Sud; ciò avviene per problemi di successione dinastica e così nasce un Regno del Nord, Israele, e uno nel Sud, Giuda. Questi due regni non vanno per niente d'accordo, anzi sono spesso in guerra tra di loro.
Una delle cose che più inquietano i regnanti del Nord sono quei pellegrinaggi che tutti gli ebrei devono fare almeno una volta l'anno a Gerusalemme per offrire sacrifici nel Tempio. Infatti, subito il primo re del Nord, Geroboamo, ricostituisce i santuari sparsi nel suo regno, come racconta questa pericope:

1 Re 12,26 «Geroboamo pensò: «In questa situazione il regno potrebbe tornare alla casa di Davide. 27 Se questo popolo verrà a Gerusalemme per compiervi sacrifici nel tempio, il cuore di questo popolo si rivolgerà verso il suo signore, verso Roboamo re di Giuda; mi uccideranno e ritorneranno da Roboamo, re di Giuda». 28 Consigliatosi, il re preparò due vitelli d'oro e disse al popolo: «Siete andati troppo a Gerusalemme! Ecco, Israele, il tuo dio, che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto». 29 Ne collocò uno a Betel e l'altro lo pose in Dan. 30 Questo fatto portò al peccato; il popolo, infatti, andava sino a Dan per prostrarsi davanti a uno di quelli.
31 Egli edificò templi sulle alture e costituì sacerdoti, presi qua e là dal popolo, i quali non erano discendenti di Levi. 32 Geroboamo istituì una festa nell'ottavo mese, il quindici del mese, simile alla festa che si celebrava in Giuda. Egli stesso salì sull'altare; così fece a Betel per sacrificare ai vitelli che aveva eretti; a Betel stabilì sacerdoti dei templi da lui eretti sulle alture. 33 Il quindici dell'ottavo mese salì sull'altare che aveva eretto a Betel; istituì una festa per gli Israeliti e salì sull'altare per offrire incenso».  

Ora se abbiamo a che fare con altri templi, altri sacerdoti non più legati a Gerusalemme, è chiaro che prima o poi viene modificata anche la teologia e tutta la pratica religiosa.
Tutto questo porta ad affermare che al Nord esisteva una teologia differente da quella vigente presso il tempio di Gerusalemme, di conseguenza anche leggi differenti a riguardo i comportamenti del popolo. Sono differenza che gli esperti sono in grado di riconoscere facilmente.

SECONDA  FASE 
            La seconda fase avviene probabilmente al tempo di Giosia (640 - 609 a. C) dopo il ritrovamento del nucleo originario nel Tempio e il rotolo subisce delle aggiunte per renderlo simile ad un trattato di Alleanza.
Viene premesso un prologo storico insieme ad una pressante perorazione messa in bocca a Mosè e l'inserzione di alcune leggi che non facevano parte del nucleo originario come, ad esempio, il Decalogo.

Si tratta della parte che comprende i capitoli 5-11.

            Un trattato di Alleanza però non sarebbe tale se agli obblighi dei due contraenti non seguissero le maledizioni per le trasgressioni o la rottura, e le benedizioni conseguenti al rispetto dei patti.
E sono i capitoli 27 - 28.
In questo modo si avrebbe la prima redazione del Deuteronomio.

TERZA  FASE
            Poco dopo la morte di Re Giosia abbiamo la deportazione in esilio a Babilonia dei cittadini più importanti seguita da altre deportazione e infine la caduta di Gerusalemme.
In esilio, secondo gli specialisti si avrebbe la composizione dei capitoli 1-3 che però nascerebbero come inizio della storia deuteronomistica (Giosuè, Giudici, 1 e 2 Samuele, 1 e 2 Re) alla quale manca il racconto che segue alla liberazione dall'Egitto, esattamente tutte le vicende accadute nei quarant'anni nel deserto fino alla pianura di Moab. È una appassionata rievocazione messa in bocca ancora a Mosè che riassume appunto tutto quanto il popolo ha vissuto e sperimentato in questi quarant'anni.
            Il capitolo 4, anch'esso di redazione esilica, non è più un rievocazione storica del cammino esodico, ma una sintesi dei rapporti più o meno idilliaci o conflittuali del popolo con JHWH.
            Anche i capitoli 29 e 30 sono di redazione esilica e lo si comprende leggendo il testo medesimo. Si tratta di un pressante invito di Mosè a mettere in pratica tutte le norme contenute in questa Torah evidenziando anche le conseguenze, peraltro sperimentate, derivante dalle trasgressioni.

QUARTA  FASE
            L'ultima fase si è resa necessario al redattore che ha posto il Deuteronomio all'interno del Pentateuco. È un insieme di materiali eterogenei provenienti anche da altre tradizioni come la Sacerdotale P.
Si tratta dei capitoli 31 - 34. In essi possiamo leggere il Cantico di Mosè c. 32, un brano di alta poesia sapienziale che esalta la grandezza del Dio d'Israele.
Il c. 33 riporta le benedizioni di Mosè invocate per ciascuna delle tribù nello stile di quelle di Giacobbe di Gn 49.
Il libro poi si completa con  la morte e la sepoltura di Mosè.  

 Si può rimanere sconcertati nell'osservare come il Messaggio di Dio passi attraverso divisioni, litigi, guerre anche fratricide. Ma la Torah - quel nucleo originario - che permetterà la riforma delle riforme proviene da santuari ritenuti eretici. E noi non parliamo di tutte le voci dei Profeti che hanno cercato di sostenere la Parola con la loro predicazione e la loro vita.

Isaia dirà che resterà "un piccolo resto di Israele". Ezechiele preconizzerà una Nuova Alleanza, Daniele di "un Figlio dell'Uomo". E quando Questi giungerà non se ne accorgerà quasi nessuno, se non "alcuni pastori che custodivano il gregge all'aperto di notte" ritenuti in parte eretici. Tutti i grandi della terra se ne stavano tranquilli nei loro palazzi. Poi quando se ne renderanno conto, insieme a quelli che avrebbero potuto riconoscerlo per primi (quelli che gestivano il Tempio) hanno fatto carte false per sbatterlo in croce.             

Quindi non c'è da meravigliarci se il libro che stiamo per esaminare - Deuteronomio - sia costato una così grande fatica e tempo a uomini  pii, illuminati dallo Spirito, per dire a noi, che di continuo prendiamo in mano la Bibbia, che il libro che abbiamo tra le mani è qualcosa di più di semplici racconti o storielle. E' piuttosto l'esito di incontri con Dio che tanti uomini di altri tempi hanno sperimentato.

15 - dicembre - 2023

* Lettura 07            La scena iniziale          Dt 1,1 - 5  

Dt 1,1 «Queste sono le parole (dabar) che Mosè rivolse (dabar)  a tutto Israele oltre il Giordano, nel deserto, nella valle dell'Araba, di fronte a Suf, tra Paran, Tofel, Laban, Cazerot e Di-Zaab. 2 Vi sono undici giornate dall'Oreb, per la via del monte Seir, fino a Kades-Barnea. 3 Nel quarantesimo anno, l'undicesimo mese, il primo giorno del mese, Mosè parlò agli Israeliti, secondo quanto il Signore gli aveva ordinato di dir loro. 4 Dopo aver sconfitto Sicon, re degli Amorrei, che abitava in Chesbon, e Og, re di Basan, che abitava in Astarot e in Edrei, 5 oltre il Giordano, nel paese di Moab, Mosè cominciò a spiegare / beher questa Torah».

L'inizio del Deuteronomio è costituito da un principio assoluto, nel senso che non c'è un legame con i libri precedenti come invece avevamo visto nella Lettura 5.
Ciò non toglie che possano esserci state memorie orali o anche scritte alle quali il redattore finale si sia rivolto. D'altra parte il linguaggio, lo stile e la teologia sottesa, non sono quelli dei libri precedenti, anche se esso fa parte della Torah secondo la tradizione ebraica e del Pentateuco secondo quella cristiana. Infatti il nostro libro, a detta degli studiosi, dipende più dalla tradizione profetica, ormai matura, che non da altri libri. Tant'è che in 18,15 ss. Mosè è presentato come il più grande profeta d'Israele, modello per tutti quelli che verranno dopo di lui. Se è così il nostro libro si presenta come un interessante intreccio di Torah e Profezia; d'altra parte questi due vocaboli sono coerentemente entrambi applicati a Mosè. La frequente ricorrenza della radicale di "parola / dabar", che è l'espressione tipica dei profeti sottolinea appunto l'aspetto profetico di questo testo. 
            C'è un altro passaggio da evidenziare nell'ultimo versetto in cui la traduzione dice: "spiegare questa Torah". E abbiamo già sottolineato che la radicale di Torah ha a che fare con "spiegazione, rivelazione, istruzione" mentre la semplice traduzione con Legge ci porta immediatamente in un ambiente giuridico. Se è così, non possiamo valutare la validità delle norme sotto il profilo giuridico, ma piuttosto dal versante della relazione con il Legislatore, Dio. Facciamo un esempio: giustificare l'astensione dal mangiare carni di maiale mediante valutazioni sanitarie, nutrizionali, scientifiche perde la relazione con Dio. Il pio credente dirà: non mangio il maiale perché così mi ha chiesto di fare il mio Dio. Punto!  
            Anche il termine beher tradotto con "spiegazione" risulta alquanto riduttivo perché la radice è comune con "incidere" riferito alle incisioni su pietra.  
            Altrettanto importante è il sintagma "tutto Israele", espressione tipica dell'opera deuteronomistica. "Tutto Israele" rimanda all'idea di una assemblea riunita per prendere una decisione: nel nostro caso, quella di rinnovare l'Alleanza con JHWH come si racconterà in 28,69ss  e come era già stato fatto al Sinai /Oreb.

            Ora, l'autore del testo non è Mosè, ma uno scrittore che viene molto tempo dopo. Il testo infatti usa il passato remoto. Del resto, come abbiamo detto, questa parte è stata composta durante o poco dopo l'Esilio babilonese, VI secolo a. C mentre la gli eventi narrati sono avvenuti circa 7- 800 anni prima. 
            Ancora, lo scrivente si pone al di qua del Giordano, mentre tutto il libro, ovvero i quattro discorsi di Mosè, sono avvenuti al di là del fiume. Sappiamo che Mosè al di qua non ha mai messo piede e infatti la sua vita viene meno sul monte Nebo mentre può contemplare la Terra della Promessa dalla cima della montagna.
            Già da questa breve introduzione cogliamo al volo l'importanza attribuita a Mosè il cui nome è richiamato all'inizio, al centro e alla fine. E sappiamo che tutto il Deuteronomio può essere considerato il lascito di Mosè al suo popolo, il suo testamento.

            Osserviamo che questo sconosciuto redattore è preoccupato di definire con precisione il "dove" e il "quando" sono avvenuti questi discorsi.
Anzitutto siamo al di là del Giordano e in territorio di Moab. I moabiti erano discendenti di Lot nipote di Abramo pertanto nel corso della storia sono stati spesso alleati pur in alterne vicende con gli ebrei. Siamo nel deserto dell'Araba. Si tratta di una parte della grande fossa tettonica che parte dal sud della Siria lungo la valle del Giordano, prosegue oltre il Mar Morto con il deserto dell'Araba, appunto, continua nel golfo di Aqaba o Eilat per proseguire nel mar rosso e in Africa. L'Araba è un territorio privo di acqua è  in parte sotto il livello del mare, come il Mar Morto, la più profonda depressione del pianeta, che si trova a circa 400 metri sotto il livello del mare.
Il nostro redattore richiama altri nomi: Suf, Paran, Tofel, Laban, Hazerot, Di Zahab, probabilmente significativi per la gente di quei tempi, ma che oggi restano in gran parte non identificati. Se pensiamo a quante popolazioni si sono succedute in quei luoghi possiamo comprendere che i nomi sono stati alterati o cambiati più di una volta.
            Viene anche specificato la durata del cammino dall'Oreb /Sinai a Qadesh-Barnea (o Kadesh), ma pur esistendo un oasi in pieno deserto nel sud di Israele, prossimo al confine con l'Egitto con quel nome, gli esperti sono in disaccordo nell'identificarla con quella biblica. Oltretutto gli studiosi ritengono di non poter identificare il Sinai / Oreb con quello attualmente meta di pellegrinaggi al sud della penisola omonima.
            Kadesh -Barnea è nominato per ricordare che in quel luogo il popolo liberato dalla schiavitù d'Egitto, impaurito dal racconto di alcuni esploratori, si rifiutarono di entrare nella Terra della Promessa disubbidendo ad un preciso comando di Dio. La punizione fu quella di vagare nel deserto per quarant'anni finché tutta le generazione dei disobbedienti fosse estinta.

            In conclusione questi ultimi discorsi di Mosè sono pronunciati ai piedi del monte Nebo in territorio di Moab, poco prima di attraversare il Giordano ed entrare nella Terra della Promessa, allo scadere dei quarant'anni.

3 - gennaio - 2024

* Lettura 08        Disegno e giuramento di Dio               Dt 1,5 - 8

Dt 1,5 «....oltre il Giordano, nel paese di Moab, Mosè cominciò a spiegare questa legge:
6 «Il Signore nostro Dio ci ha parlato sull'Oreb e ci ha detto: Avete dimorato / yašab abbastanza su questa montagna; 7 voltatevi, levate l'accampamento [partite]e andate [salite]verso le montagne degli Amorrei e in tutte le regioni vicine: la valle dell'Araba, le montagne, la Sefela, il Negheb, la costa del mare, nel paese dei Cananei e nel Libano, fino al grande fiume, il fiume Eufrate. 8 Guarda [Cei: "ecco"], io vi ho posto dinanzi la Terra; entrate, e rašaw / ereditate [ Cei: prendete in possesso] della Terra che JHWH ha giurato di dare ai vostri padri, Abramo, Isacco e Giacobbe, e alla loro stirpe dopo di essi».

"Amorrei" non definisce un popolo o un'etnia specifica, ma genericamente tutte quelle popolazioni esistenti tra la Mesopotamia e il Mediterraneo. A volte si vogliono indicare più specificamente gli abitanti Canaan altre volte i nomadi che vivono nella steppa sia in prossimità della terra dei due fiumi che a Canaan. In questo caso ci si riferisce precisamente agli abitati di Canaan anche se l'elenco dei confini va ben oltre quelli di Canaan.
            "Oreb o Horeb" non è altro che il Sinai, ma le tribù del nord l'hanno sempre chiamato Oreb e abbiamo già detto che la parte centrale di tutto il Deuteronomio proviene dal Nord portata a Gerusalemme dopo la caduta di Samaria e la conquista del Regno da parte dell'Impero Assiro (721 a. C.).

La stasi del Sinai e il comando di Dio

            Il v7 riporta tre imperativi che segneranno il testo per tutti i primi tre capitoli. Abbiamo messo tra parentesi i corrispondenti verbi ebraici perché sono più precisi e coerenti con "ordine" ed "esecuzione". Per quanto riguarda l'ultimo verbo; "salire", non è riferito solo al fatto di andare sulle montagne degli Amorrei, ma soprattutto esso è il verbo che marca tutto il cammino dall'Egitto alla Terra della Promessa.

            Osserviamo che il Deuteronomio non inizia a partire dall'Esodo, ma dalla lunga sosta presso il Sinai, una vera e propria stasi, una sorta di "ozi di Capua", quasi che il popolo si accontenti della libertà conquistata, o regalata, e sia disposto a vivere tranquillo ai piedi della santa montagna. Il verbo usato in ebraico yašab tradotto con "dimorare" significa anche: risiedere, stabilirsi, dimorare , oziare, cioè loro pensavano di essere arrivati.  Ma il piano di Dio è ben diverso per cui li sollecita a riprendere il cammino con quei tre imperativi.
            Per non fare confusione, ricordiamo che Mosè sta parlando di quelli che quarant'anni prima per paura, rifiutarono di entrare nella Terra, mentre gli ascoltatori attuali sono i sopravvissuti alle peregrinazioni nel deserto durate appunto quarant'anni.
Quel gruppo di schiavi che l'intervento salvifico di Dio aveva liberato dalla schiavitù d'Egitto, non risposero con l'obbedienza al comando di Dio, perciò furono costretti a trascorrere parte della loro vita nel deserto finché tutti i disobbedienti non fossero periti. Un tema, quello del comando / obbedienza, al quale il nostro libro tiene moltissimo.       
Non dobbiamo però perdere di vista che ci sono altri ascoltatori ai quali sono rivolte queste parole: sono i superstiti dall'Esilio babilonese che ritornati dalla ricca terra dei due fiumi si trovarono di fronte ad un paese in rovina: Gerusalemme devastata, senza più la protezione delle mura e il tempio ridotto ad un cumulo di macerie, tanto che, non pochi, ripresero nuovamente la via di Babilonia. Questi uditori sono quelli che più di tutti hanno bisogno di essere incoraggiati a rimboccarsi le maniche e a fidarsi di Dio. Proprio per questo Deuteronomio è il manuale per tutte le riforme del giudeocristianesimo.

            Tutti i commenti segnalano che queste parole pronunciate da Mosè, la LXX e i rotoli di Qumran,  le mettono direttamente sulla bocca di Dio. Ciò rende la nostra lettura più complessa (difficilior) il che ci fa ritenere che essa sia l'originaria.

            Il v8 è particolarmente importante e abbiamo cercato di restare fedeli al testo ebraico. Non si tratta di entrare in possesso di una terra qualsiasi, ma della Terra della Promessa, quella promessa ad Abramo, Isacco e Giacobbe più di quattrocento anni prima. Quella Terra sognata ed agognata da molte generazioni e soprattutto da quelle che ad un certo punto furono trasformate da ospiti a schiave nell'Egitto dei Faraoni. Proprio per questo l'uso di "ereditare" è più significativo che non "entrare in possesso" perché si tratta di acquisire una Terra che "è già nostra di diritto".
Attenzione è un diritto, un possesso, una legittimazione basata esclusivamente sulla fede: se non credi e non ti fidi di questa Promessa non puoi pensare di entrare in possesso di quella Terra. 

            Chiaramente il testo qui fa i conti senza l'oste che, nel caso, sono i Cananei  che lì ci abitano da parecchi secoli. Per il momento lasciamo in sospeso il tema del conflitto con queste popolazioni che vedremo più avanti.
            Tra l'altro dobbiamo segnalare che l'espressione «...Terra che ho giurato di dare ai vostri padri ...» è tipica del Deuteronomio ove ricorre una quindicina di volte.

Una prima idea di risurrezione     

Problema: «La Terra che JHWH ha giurato di dare ai vostri padri: Abramo, Isacco e Giacobbe», ma questi tre patriarchi sono morti e l'unico pezzo di Terra di cui sono entrati in possesso è la grotta di Macpela con un campicello che gli sta davanti usato come luogo per la loro sepoltura (Gn "39, Lettura 81). Un po' poco!
Ora, se stiamo ai verbi ebraici, in questo caso abbiamo a che fare con una forma verbale che assicura l'azione espressa dallo stesso verbo indipendentemente dal quando, questo fa dire agli esegeti ebraici che questa frase afferma la risurrezione: anche Abramo, Isacco e Giacobbe entreranno in possesso della Terra a loro promessa perché risorgeranno e potranno goderne dei suoi frutti.

E tutto questo rinforzato dal giuramento di Dio.

18 - gennaio -- 2024

* Lettura 09              Istituzione dei giudici                  Dt 1,9 - 18

Non saremmo in grado di apprezzare le novità apportate dal Deuteronomio nell'istituzione dei giudici se non valutassimo prima le due istituzioni precedenti.

1° CASO

Il primo caso è narrato in Es 18.  Il fatto avviene in prossimità del Sinai / Horeb dove Mosè quand'era in fuga dall'Egitto aveva trovato ospitalità presso Ietro capo e sacerdote di un clan che viveva ai piedi della sacra montagna. Li visse quarant'anni e sposò Zìppora, figlia di Ietro, ma dopo l'incontro di Dio presso il roveto ardente, tornò in Egitto dove liberò gli schiavi che al momento stavano proseguendo verso la Terra guidati dalla Nube.
Venutolo a sapere Ietro gli va incontro e segue il racconto che ci interessa.

Es 18,13 «Il giorno dopo Mosè sedette a render giustizia al popolo e il popolo si trattenne presso Mosè dalla mattina fino alla sera. 14 Allora Ietro, visto quanto faceva per il popolo, gli disse: «Che cos'è questo che fai per il popolo? Perché siedi tu solo, mentre il popolo sta presso di te dalla mattina alla sera?». 15 Mosè rispose al suocero: «Perché il popolo viene da me per consultare Dio. 16 Quando hanno qualche questione, vengono da me e io giudico le vertenze tra l'uno e l'altro e faccio conoscere i decreti di Dio e le sue leggi». 17 Il suocero di Mosè gli disse: «Non va bene quello che fai! 18 Finirai per soccombere, tu e il popolo che è con te, perché il compito è troppo pesante per te; tu non puoi attendervi da solo. 19 Ora ascoltami: ti voglio dare un consiglio e Dio sia con te! Tu sta' davanti a Dio in nome del popolo e presenta le questioni a Dio. 20 A loro spiegherai i decreti e le leggi; indicherai loro la via per la quale devono camminare e le opere che devono compiere. 21 Invece sceglierai tra tutto il popolo uomini integri che temono Dio, uomini retti che odiano la venalità e li costituirai sopra di loro come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. 22 Essi dovranno giudicare il popolo in ogni circostanza; quando vi sarà una questione importante, la sottoporranno a te, mentre essi giudicheranno ogni affare minore. Così ti alleggerirai il peso ed essi lo porteranno con te. 23 Se tu fai questa cosa e se Dio te la comanda, potrai resistere e anche questo popolo arriverà in pace alla sua mèta».
24 Mosè ascoltò la voce del suocero e fece quanto gli aveva suggerito. 25 Mosè dunque scelse uomini capaci in tutto Israele e li costituì alla testa del popolo come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. 26 Essi giudicavano il popolo in ogni circostanza: quando avevano affari difficili li sottoponevano a Mosè, ma giudicavano essi stessi tutti gli affari minori. 27 Poi Mosè congedò il suocero, il quale tornò al suo paese».

Il suggerimento di nominare dei giudici e dei responsabili per farsi aiutare proviene da Ietro.
La scelta dei giudici è fatta da Mosè.
Compito di Mosè è di stare in relazione con Dio che lo ispirerà circa le leggi.
Dovrà anche istruire i giudici per comprendere l'applicazione delle varie leggi e la loro logica.
Resteranno a suo carico i casi più difficili.

Mosè però non si limita a nominare alcuni giudici, ma struttura i fuggitivi dividendoli in miglia, centinaia e decine mettendovi a capo dei responsabili. Strutturazione che sarebbe adeguata ad un popolo numeroso, ma non ad un gruppo di fuggitivi. La scelta di questi personaggi è fatta sempre da Mosè.
Dobbiamo dire che, probabilmente, questo versetto dipende da una tradizione più tarda quando Israele era già insediato nella Terra.
D'altra parte a quei tempi tutti i numeri riguardanti la popolazione non erano veritieri; in genere erano gonfiati, o tenuti nascosti, per impressionare i possibili nemici. Es 12,37 dice che gli ebrei fuggiti dall'Egitto erano seicentomila e in tale ipotesi l'organizzazione sarebbe essere coerente. Però gli storici ritengono che a quel tempo (1200 - 1300 a. C.) in tutto l'Egitto risiedessero circa un milione di persone. Che di essi ben seicentomila fossero schiavi ebrei, è un numero che non regge.  

2° CASO  
Il secondo caso è raccontato in Numeri 11. I fuggitivi dall'Egitto hanno già sostato presso il Sinai dove hanno ricevuto con la mediazione di Mosè la Torah. Da lì è incominciato l'attraversamento del deserto per giungere alla Terra promessa ai padri. Lungo questo percorso Dio provvede ad assicurare la disponibilità d'acqua facendo trovare di tanto in tanto pozzi o sorgenti. Il di cibo è provvidenzialmente ottenuto dalla manna che ogni mattina viene trovato nel deserto. Dobbiamo ricordare che il deserto in questione non come il Sahara che spesso ci viene mostrato nei fil, ma piuttosto una steppa.    

Nm 11,1« Ora il popolo cominciò a lamentarsi malamente agli orecchi di JHWH. Li udì JHWH e il suo sdegno si accese e il fuoco di JHWH divampò in mezzo a loro e divorò l'estremità dell'accampamento. 2 Il popolo gridò a Mosè; Mosè pregò JHWH e il fuoco si spense. 3 Quel luogo fu chiamato Tabera, perché il fuoco di JHWH era divampato in mezzo a loro.
4 La gente raccogliticcia, che era tra il popolo, fu presa da bramosia; anche gli Israeliti ripresero a lamentarsi e a dire: «Chi ci potrà dare carne da mangiare? 5 Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cocomeri, dei meloni, dei porri, delle cipolle e dell'aglio. 6 Ora la nostra vita inaridisce; non c'è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna». [omettiamo la descrizione dell'uso della manna] 11 Mosè disse a JHWH: «Perché hai trattato così male il tuo servo? Perché non ho trovato grazia ai tuoi occhi, tanto che tu mi hai messo addosso il carico di tutto questo popolo? 12 L'ho forse concepito io tutto questo popolo? O l'ho forse messo al mondo io perché tu mi dica: Pòrtatelo in grembo, come la balia porta il bambino lattante, fino al paese che tu hai promesso con giuramento ai suoi padri? 13 Da dove prenderei la carne da dare a tutto questo popolo? Perché si lamenta dietro a me, dicendo: Dacci da mangiare carne! 14 Io non posso da solo portare il peso di tutto questo popolo; è un peso troppo grave per me. 15 Se mi devi trattare così, fammi morire piuttosto, fammi morire, se ho trovato grazia ai tuoi occhi; io non veda più la mia sventura!».
16 JHWH disse a Mosè: «Radunami settanta uomini tra gli anziani d'Israele, conosciuti da te come anziani del popolo e come loro scribi; conducili alla tenda del convegno; vi si presentino con te. 17 Io scenderò e parlerò in quel luogo con te; prenderò lo spirito che è su di te per metterlo su di loro, perché portino con te il carico del popolo e tu non lo porti più da solo.
18 Dirai al popolo: Santificatevi per domani e mangerete carne, perché avete pianto agli orecchi di JHWH , dicendo: Chi ci farà mangiare carne? Stavamo così bene in Egitto! Ebbene JHWH vi darà carne e voi ne mangerete. 19 Ne mangerete non per un giorno, non per due giorni, non per cinque giorni, non per dieci giorni, non per venti giorni, 20 ma per un mese intero, finché vi esca dalle narici e vi venga a noia, perché avete respinto JHWH che è in mezzo a voi e avete pianto davanti a lui, dicendo: Perché siamo usciti dall'Egitto?». 21 Mosè disse: «Questo popolo, in mezzo al quale mi trovo, conta seicentomila adulti e tu dici: Io darò loro la carne e ne mangeranno per un mese intero! 22 Si possono uccidere per loro greggi e armenti in modo che ne abbiano abbastanza? O si radunerà per loro tutto il pesce del mare in modo che ne abbiano abbastanza?». 23 JHWH rispose a Mosè: «Il braccio di JHWH si è forse raccorciato? Ora vedrai se la parola che ti ho detta si realizzerà o no».
24 Mosè dunque uscì e riferì al popolo le parole di JHWH; radunò settanta uomini tra gli anziani del popolo e li pose intorno alla tenda del convegno. 25 Allora JHWH scese nella Nube e gli parlò: prese lo spirito che era su di lui e lo infuse sui settanta anziani: quando lo spirito si fu posato su di essi, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più in seguito».

Questo secondo caso è più complesso perché inizia con lamentale che via via diventano più gravi fino a diventare una vera e propria recriminazione: "era meglio restare in Egitto". Perché? Perché qui nel deserto c'era da mangiare solo la manna; non c'è carne e neanche cocomeri e meloni...
Le lamentele del popolo sono dirette verso Mosè il quale poi le rivolge a Dio in modo alquanto pesante: " L'ho forse messo al mondo io questo tuo popolo"?
Mosè giunge fino al punto di desiderare la morte, piuttosto che andare avanti il peso "peso" di questa gente che pretende e non comprende. Gli ex schiavi ancora non hanno compreso che il prezzo della libertà è la responsabilità.
La soluzione è proposta da Dio che però affida a Mosè il compito di scegliere settanta anziani, ma l'istituzione vera propria è poi ratificata da Dio stesso che infonde su di loro lo Spirito. Anche in questo caso la scelta è di Mosè.

Con un piccolo risvolto: secondo Dio ce ne sono altri due che Mosè ha trascurato, per cui diventano settantadue:

Nm 11,26 «Intanto, due uomini, uno chiamato Eldad e l'altro Medad, erano rimasti nell'accampamento e lo spirito si posò su di essi; erano fra gli iscritti ma non erano usciti per andare alla tenda; si misero a profetizzare nell'accampamento. 27 Un giovane corse a riferire la cosa a Mosè e disse: «Eldad e Medad profetizzano nell'accampamento». 28 Allora Giosuè, figlio di Nun, che dalla sua giovinezza era al servizio di Mosè, disse: «Mosè, signor mio, impediscili!». 29 Ma Mosè gli rispose: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo di JHWH e volesse JHWH dare loro il suo spirito!». 30 Mosè si ritirò nell'accampamento, insieme con gli anziani d'Israele».    

Qui si manifesta l'idea che i giudici nella loro attività siano ispirati da Dio, come se il giudizio fosse in qualche modo attribuibile a Dio e, per contro, una responsabilità del giudice stesso verso Dio. Vale a dire: se sono stato "investito" da Dio a Lui dovrò rispondere del mio operato. Questo aspetto è sostenuto dal fatto che dopo l'investitura iniziarono a profetizzare.
Profeta non è uno che prevede il futuro, come sostiene la comprensione corrente, ma è un personaggio attento alla parola e ai disegni di Dio nella storia ché è in grado di comunicarli ai suoi ascoltatori.

3° CASO
Il terzo è il nostro:

Dt 1,9 «In quel tempo io vi ho parlato e vi ho detto: Io non posso da solo sostenere il carico del popolo. 10 Il JHWH vostro Dio vi ha moltiplicati ed ecco oggi siete numerosi come le stelle del cielo. 11 JHWH Dio dei vostri padri, vi aumenti anche mille volte di più e vi benedica come vi ha promesso di fare. 12 Ma come posso io da solo portare il vostro peso, il vostro carico e le vostre liti? 13 Sceglietevi nelle vostre tribù uomini saggi, intelligenti e stimati, e io li costituirò vostri capi.
14 Voi mi rispondeste: Va bene ciò che proponi di fare. 15 Allora presi i capi delle vostre tribù, uomini saggi e stimati, e li stabilii sopra di voi come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine, capi di decine, e come scribi nelle vostre tribù. 16 In quel tempo diedi quest'ordine ai vostri giudici: Ascoltate le cause dei vostri fratelli e giudicate con giustizia le questioni che uno può avere con il fratello o con lo straniero che sta presso di lui. 17 Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali, darete ascolto al piccolo come al grande; non temerete alcun uomo, poiché il giudizio appartiene a Dio; le cause troppo difficili per voi le presenterete a me e io le ascolterò. 18 In quel tempo io vi ordinai tutte le cose che dovevate fare».

Cerchiamo di evidenziare le differenze fra i tre brani per coglierne il guadagno.

Anche in questo caso come in quello di Numeri tutto inizia da una lamentela di Mosè, ma "lamentela" fino ad un certo punto perché, essa dipende dall'enorme numero di persone del quale si è accresciuto il popolo che è diventato «più numeroso delle stelle del cielo». Perciò una esclamazione di ringraziamento. Ma quanto numerosi?

Il libro di Numeri inizia con il censimento di tutti degli israeliti nel deserto due anni dopo l'uscita dall'Egitto (Nm 1,1ss) e ne riportiamo il risultato:

Nm 1,44 «Di quelli Mosè e Aronne fecero il censimento, con i dodici uomini capi d'Israele: ce n'era uno per ciascuno dei loro casati paterni. 45 Tutti gli Israeliti dei quali fu fatto il censimento secondo i loro casati paterni, dall'età di vent'anni in su, cioè tutti gli uomini che in Israele potevano andare in guerra, 46 quanti furono registrati risultarono seicentotremilacinquecentocinquanta. 47 Ma quanti erano leviti, secondo la loro tribù paterna, non furono registrati insieme con gli altri».

Questo numero esclude l'intera tribù di Levi, tutti gli uomini al disotto dei vent'anni perciò non abili per la guerra e ovviamente tutte le donne. Numero non è molto differente da quello proposto da Esodo.

            Quindi questo popolo numeroso (?) che ha ricevuto la Torah ai piedi del Sinai ha necessità di qualcuno che dirima le possibili vertenze che possano nascere al suo interno: compito che in prima battuta compete al solo Mosè. Siamo evidentemente di fronte ad una tradizione diversa da quella che aveva raccontato l'elezione dei giudici prima del Sinai.

            Nel nostro caso non c'è alcun intervento da parte di Dio, ma una semplice proposta fatta da Mosè al popolo che accetta di buon grado. Mosè non opera alcuna scelta, perché il v13 recita testualmente: «Sceglietevi nelle vostre tribù uomini saggi, intelligenti e stimati, e io li costituirò vostri capi». Vale a dire: Mosè si limita a ratificare quello che il popolo aveva già scelto. Ad essi dà il compito di esprimere giudizi anche a riguardo delle possibili vertenze. Però il compito di giudicare non si ferma la livello delle tribù, ma scende alle migliaia, alle centinaia fino alla diecine. In questo modo la responsabilità viene suddivisa: un sistema per dire che tutti gli uomini sono responsabili. Un'idea di Stato molto avanzata, che neanche nella democratica Atene... e che forse oggi abbiamo perduto. 
            Poi Mosè entra nel dettaglio per descrivere come questi giudici e capi dovranno comportarsi: niente raccomandazioni, nessuna preferenza, nessun timore "perché il giudizio appartiene a Dio". Già, perché ormai tutto il popolo è in grado di conoscere la Torah che era stata proclamata ai piedi del Sinai / Oreb.

Dobbiamo ricordare che non dobbiamo tradurre Torah semplicemente con Legge, perché la radice ebraica del termine oltre a legiferare, include, insegnare, rivelare, istruire, mostrare, come abbiamo approfondito nella lettura 3.

            Esodo pone l'elezione dei giudici prima della ricezione della Torah, Numeri la pone dopo. Anche Deuteronomio nel suo racconto la pone prima. Tutt'e tre, comunque,  stabiliscono un nesso preciso tra Torah e Giustizia.         

4° CASO
Questo non è un quarto caso vero e proprio, ma un modo per esaminare come potesse risuonare il nostro testo agli orecchi di coloro che lo sentivano proclamare appena tornati dall'Esilio Babilonese, perché non dimentichiamo, è ad essi che si rivolge questo sconosciuto redattore deuteronomista.

            Questi ex deportati avevano conosciuto le magnificenze di Babilonia, avevano visto campi solcati da canali in grado di irrigare i campi in ogni stagione dell'anno, avevano sperimentato la disponibilità di cibo senza i continui rischi di carestia che sempre minacciava la terra di Israele. Adesso si trovano di fronte ad una Gerusalemme rasa al suolo, campi abbandonati, sorgenti disseccate e pozzi ostruiti. Il tempio del quale avevano sentito narrare meraviglie ridotto ad un cumulo di macerie e quei pochi abitanti rimasti ridotti quasi tutti a miseri pezzenti. Ricordiamo che i babilonesi avevano deportato la classe dirigente, mentre avevano lasciato solo i poveracci.

Si trattava allora di ripartire daccapo: non solo ricostruire case e città, ma soprattutto le strutture sociali che permettessero un vivere civile. Situazione molto simile a quella sperimentata da quei disperati sfuggiti miracolosamente alle sgrinfie del Faraone.
Ecco perché il nostro redattore riprende i discorsi fatti a suo tempo da Mosè è li riporta adattandoli alla situazione dei suoi concittadini.
Non si tratta di ripartire come prima, cioè rifacendo gli stessi errori, cioè vivere senza ricordarsi di Dio e della Torah che Egli aveva donata perché il Suo popolo fosse felice, ma mettere questa Torah come base e fondamenta del nuovo Stato.

            Ma proprio come le altre due narrazioni - Esodo e Numeri - se c'è una Torah, occorrono anche dei Giudici in grado di giudicare e dei Responsabili che la applichino e insegnino a metterla in pratica.

A questo punto possiamo chiederci:
questi principi, che valevano  per  gli uomini vissuti nel XIII°  e V° secolo a. C. non sono validi anche per quelli che vivono nel XXI° d. C.?

 

17 - febbraio - 2024

* Lettura 10     Incredulità e sua conseguenza                          Dt 1,19 - 46

            Tutto il testo ebraico è contrassegnato dalla parola "derek" traducibile con: via, percorso, cammino ecc. Un termine importante del quale, però, la traduzione fa perdere il legame strutturale. Vale a dire: per acquisire al Terra, non basta quello che Dio intende fare, cioè, il suo dono, c'è anche un "cammino" da percorrere. Che non è il semplice entrare nel paese che sta lì, davanti al popolo, ma richiede la fede nella Parola di Dio.
La fede si basa sulle esperienze passate, cioè l'esperienza che Israele ha potuto fare nel suo cammino (derek) precedente: dalla terra di schiavitù con le famose piaghe d'Egitto, al cammino nel deserto, alle teofanie del Sinai /Horeb con tanto di terremoti, fulmini, venti impetuosi e poi tante altre prove: la sete, la fame, la guerra con Amalek per vincere la quale Dio è giunto a fermare il sole perché la battaglia potesse proseguire fino alla vittoria (Es 17). Prove, tutte superate con l'intervento di Dio. Che oltretutto ha provveduto a guidare i fuggiaschi con la Nube. Quella Nube che di giorno protegge il popolo dai cocenti raggi del sole e la notte diventa una Colonna di Fuoco che consente di camminare anche al buio. Inoltre nei momenti opportuni diventa uno schermo che impedisce ai nemici di raggiungere i fuggiaschi.
La Nube è un teologumeno presente in tutta la Bibbia, Nuovo Testamento compreso. Infatti la vita visibile di Gesù su questa terra si chiude con queste parole:

At 1,9 «Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una Nube lo sottrasse al loro sguardo».     

Ecco, questi ex schiavi che hanno potuto fare tutte queste esperienze della passione di Dio per loro, adesso devono trovare il coraggio della Fede. Devono fidarsi della Parola di Dio e fare un passo in più: entrare nel territorio degli Amorrei, invece hanno paura a fare questo ultimo passo.

            Presentiamo il testo in forma strutturata per facilitarne la comprensione. Ricordiamo: è sempre Mosè che racconta quarant'anni dopo gli eventi descritti.

1- Il comando di Dio

Dt 1,19 «Poi partimmo dall'Oreb e attraversammo tutto quel deserto grande e spaventoso che avete visto, dirigendoci / derek verso le montagne degli Amorrei, come JHWH nostro Dio ci aveva ordinato di fare, e giungemmo a Kades-Barnea. 20 Allora vi dissi: Siete arrivati presso la montagna degli Amorrei, che JHWH nostro Dio sta per darci. 21 Ecco  JHWH tuo Dio ti ha posto il paese dinanzi; entra, prendine possesso, come JHWH Dio dei tuoi padri ti ha detto; non temere e non ti scoraggiare!».

2-Ispezione degli esploratori

22 «Voi vi accostaste a me tutti e diceste: Mandiamo uomini innanzi a noi, che esplorino il paese e ci riferiscano sul cammino / derek per il quale noi dovremo salire e sulle città nelle quali dovremo entrare. 23 La proposta mi piacque e scelsi dodici uomini tra di voi, uno per tribù. 24 Quelli si incamminarono, salirono verso i monti, giunsero alla valle di Escol ed esplorarono il paese. 25 Presero con le mani i frutti del paese, ce li portarono e ci fecero questa relazione: È buono il paese che  JHWH nostro Dio sta per darci».

Il libro di Numeri 13 tratta lo stesso episodio, ma vi appare subito una differenza: là è Dio a mandare gli esploratori nel paese che sta per dare a Israele, mentre nel nostro testo è il popolo a richiedere quella esplorazione preliminare. Vi si percepisce una certa ironia, perché se è Dio che sta per dare la terra, quell'ispezione non ha alcun senso; serve solo a ritardarne il possesso.
Comunque, per essere più sicuri, meglio aspettare un po'. Intanto mandiamo avanti degli esploratori... che se non tornano... poi vedremo!
2- Il resoconto degli esploratori è positivo: non ci sono note che indichino la presenza o la possibilità di qualche pericolo. Anzi i frutti che hanno riportato avrebbero dovuto rimuovere ogni remora.

3- Rifiuto ad entrare nella Terra

26 «Ma voi non voleste entrarvi e vi ribellaste all'ordine di JHWH vostro Dio; 27 mormoraste nelle vostre tende e diceste: JHWH ci odia, per questo ci ha fatti uscire dal paese d'Egitto per darci in mano agli Amorrei e per distruggerci. 28 Dove possiamo andare noi? I nostri fratelli ci hanno scoraggiati dicendo: Quella gente è più grande e più alta di noi; le città sono grandi e fortificate fino al cielo; abbiamo visto là perfino dei figli degli Anakiti».

Il dubbio era già presente sin dall'inizio e le mormorazioni  notturne, nelle tende dipingono a tinte sempre più fosche le difficoltà e le ingigantiscono fino ad immaginarle insormontabili. Vengono addirittura tirati in ballo gli Anakiti.
Nella Bibbia di tanto in tanto vengono citati questi giganti nati da matrimoni tra figli di Dio (angeli?) e figli degli uomini come si narra in:

Gn 6,4 «C'erano sulla terra i giganti a quei tempi - e anche dopo - quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell'antichità, uomini famosi».

Un'idea mitologica che è riuscita ad infiltrarsi nel racconto delle origini.

4-Esortazione di Mosè

29 «Allora dissi a voi: Non spaventatevi e non abbiate paura di loro. 30 JHWH stesso vostro Dio, che vi precede, combatterà per voi, come ha fatto tante volte sotto gli occhi vostri in Egitto 31 e come ha fatto nel deserto, dove hai visto come JHWH tuo Dio ti ha portato, come un uomo porta il proprio figlio, per tutto il cammino / derek  che avete fatto, finché siete arrivati qui. 32 Nonostante questo, non voleste credere / haman [Cei: aveste fiducia] in JHWH vostro Dio 33 che andava innanzi a voi nel cammino / derek per cercarvi un luogo dove porre l'accampamento: di notte nel Fuoco, per mostrarvi la via dove andare, e di giorno nella Nube».

L'esortazione di Mosè a fidarsi di JHWH è chiaramente un richiamo sintetico a tutto l'Esodo, quel cammino / derek che aveva portato questi ex schiavi a credere, cioè avere fede in Mosè e nel Dio che li aveva liberati. Ma qui a Kades-Barnea, grazie alle mormorazioni notturne siamo arrivati all'Antiesodo: "meglio l'Egitto perché là avevamo i cocomeri e le cipolle".
Sono perorazioni di Mosè che non riescono a smuovere la decisione ingigantita dalle paure notturne e ormai consolidate nel rifiuto ad entrare nella Terra ed egli lo spiega in modo terribile: 32 «Nonostante questo, non voleste credere (haman) in JHWH vostro Dio».
Il verbo haman è usato alquanto raramente ed è quello da cui deriva il nostro "Amen" che per noi suona quasi come irrilevante, vedi il detto: "è andato via come un amen", ma in ebraico possiede una grande radicalità: essere fermo, forte, sostenere, essere durevole, stabile, sicuro; la radice è comune a "roccia". È usato in Esodo dopo la prodigiosa traversata del Ma Rosso o Mare dei Giunchi:

Es 14,31 «Israele vide la mano potente con la quale di JHWH aveva agito contro l'Egitto e il popolo temette JHWH e credette /haman  in lui e nel suo servo Mosè».

Se dopo l'esodica traversata del mare il popolo "credette", qui il popolo rifiuta di credere. Là ebbe il coraggio di passare tra due muri di acque, ora non vuole andare avanti perché non si fida più / haman di JHWH.
Il rapporto tra questi due momenti spiega la decisione di Dio di fare percorrere loro un antiesodo facendogli riprendere la via verso il Mare dei Giunchi /Mar Rosso.
            Mosè riassume queste mormorazioni notturne con una affermazione sentita dal popolo, sintetica e sconvolgente oltreché falsa: «JHWH ci odia».

Castigo del Signore 

34 «JHWH udì le vostre parole, si adirò e giurò: 35 Nessuno degli uomini di questa malvagia generazione vedrà il buon paese che ho giurato di dare ai vostri padri, 36 se non Caleb, figlio di Iefunne. Egli lo vedrà e a lui e ai suoi figli darò la terra che ha percorso / derek, perché ha pienamente seguito  JHWH. 37 Anche contro di me si adirò JHWH, per causa vostra, e disse: Neanche tu vi entrerai, 38 ma vi entrerà Giosuè, figlio di Nun, che sta al tuo servizio; incoraggialo, perché egli metterà Israele in possesso di questo paese. 39 E i vostri bambini, dei quali avete detto: Diventeranno oggetto di preda! e i vostri figli, che oggi non conoscono né il bene né il male, essi vi entreranno; a loro lo darò ed essi lo possiederanno. 40 Ma voi volgetevi indietro e incamminatevi / derek verso il deserto, in direzione del Mare Rosso».

1- Dopo tutto quello che Dio ha fatto per liberare il suo popolo dalla schiavitù ora si vede costretto ad agire con giustizia. Dio non è solo buono è anche giusto, per cui crederGli o rifiutarLo non è questione di gusti, ma questione di vita o di morte. Sempre! Dio non salva te senza di te.

2 - C'è da restare sconcertati perché Dio esprime un giuramento, escludere dalla Terra questa generazione, contro i suoi giuramenti precedenti di portarli nella Terra della Promessa. Segno evidente dell'ira che la mancanza di fede di questa gente, dopo tutto quello che aveva fatto per loro, gli aveva suscitato e aveva raggiunto livelli insopportabili anche per Lui. Noi abbiamo ereditato dalla filosofia greca l'idea che Dio sia immutabile e impassibile come il famoso aristotelico Motore Immobile, ma la Bibbia è ricca di questi antropomorfismi che rendono bene, nel nostro caso, la gravità della colpa.

3- La via d'uscita da questi giuramenti contradditori è la garanzia del possesso della Terra riservata a Caleb, a Giosuè e a tutti i bambini che non hanno preso parte a quel rifiuto.

4- Restiamo sorpresi dalla inclusione anche di Mosè con il popolo infedele; lui che  ha fatto quella appassionata esortazione ad entrare nella terra degli Amorriti.

Per alcuni esegeti, la causa sarebbe l'accoglienza di Mosè della proposta di inviare esploratori che costituirebbe una debolezza della sua fiducia / haman verso la parola di JHWH.

5-Tuttavia un'altra spiegazione, probabilmente più vicina alla realtà, spiega la condanna di Mosè come un'altra forma della solidarietà con il popolo. Lui principe d'Egitto che poteva svolgere una vita tranquilla e agiata nella casa del Faraone, divenuto ramingo per avere difeso uno schiavo ebreo, e poi pastore ai piedi del Sinai, chiamato da Dio a liberare quegli schiavi e a guidarli fin qui a Qadesh Barnea, resterà con loro per altri quarant'anni, senza mai metter piede nella Terra "dove scorre latte e miele".

È però senza dubbio evidente il rimando al Servo di JHWH che soffre "per" o "a causa" del popolo. Questi canti del Servo di JHWH sono quattro (Is 42,1-9; 49,1-7; 50,4-11; 52,13-53,12). Il rimando è più che attendibile e, forse, voluto perché Deuteronomio è stato composto successivamente o contemporaneamente a questi canti.
Noi però possiamo aggiungere che questa solidarietà di Mosè con il suo popolo non è diversa di quella che si manifesterà quattro secoli dopo a Gerusalemme nella vicenda pasquale di Gesù Cristo.   

Falso pentimento e sconfitta del popolo che vuol fare da sé

41 «Allora voi mi rispondeste: Abbiamo peccato contro JHWH! Entreremo e combatteremo in tutto come JHWH nostro Dio ci ha ordinato. Ognuno di voi cinse le armi e presumeste di salire verso la montagna. 42 JHWH mi disse: Ordina loro: Non salite e non combattete, perché io non sono in mezzo a voi; voi sarete sconfitti davanti ai vostri nemici. 43 Io ve lo dissi, ma voi non mi ascoltaste; anzi vi ribellaste all'ordine di JHWH, foste presuntuosi e osaste salire verso i monti. 44 Allora gli Amorrei, che abitano quella montagna, uscirono contro di voi, vi inseguirono come fanno le api e vi batterono in Seir fino a Corma. 45 Voi tornaste e piangeste davanti a JHWH; ma JHWH non diede ascolto alla vostra voce e non vi porse l'orecchio. 46 Così rimaneste in Kades molti giorni, per tutto il tempo in cui vi siete rimasti».

Questi ribelli pensano di correggere il loro errore facendo quello che Dio aveva loro richiesto ed essi si erano rifiutati di fare: varcare il confine ed entrare nel territorio degli Amorrei. Però facendo così compiono una nuova ribellione perché Dio ormai aveva imposto loro di tornare al Mare dei Giunchi / Mar Rosso e così non possono che registrare una sconfitta clamorosa: "da Seir fino a Corma" che dà l'idea di una fuga con relativo inseguimento.
Il loro errore è inscritto in due aspetti: non avere chiesto perdono, vale a dire ritrovare la loro relazione fiduciale / haman con Dio e pentirsi per la loro ribellione. Invece il risultato a di aggiungere ribellione a ribellione. In questo modo non possono che essere abbandonati a se stessi e al loro orgoglio.

            L'assenza di Dio a fianco dei combattenti è causa di sicura sconfitta come stabilisce il testo: « Non salite e non combattete, perché io non sono in mezzo a voi», ma l'idea di Dio che partecipa ad una battaglia con il suo popolo fa a pugni con le nostre convinzioni. D'altra parte la teologia condivisa dagli antichi era che la guerra tra popoli vedeva al loro fianco la partecipazione dei rispettivi dèi; il vincitore della battaglia, poi, era quel dio il cui popolo aveva sconfitto il nemici. Ad esempio, quando Gerusalemme cade dopo l'assedio di Nabucodonosor, la comprensione corrente è che JHWH fosse stato sconfitto da Marduk. Tuttavia il tema della "Guerra di Dio" o della "Guerra di JHWH" è molto diffuso in tutta l'opera deuteronomistica (Dt, Giosuè, Giudici, 1 e 2 Sam, 1 e 2 Re). Argomento alquanto complesso e sarà trattato in una nota esegetica in preparazione.

Ultima riflessione

            Questo discorso di Mosè, ma dovremmo dire: posto sulla bocca di Mosè, è rivolto sempre agli esiliati a Babilonia o appena tornati da Babilonia in Giudea. Essi non hanno più re, non sono più un regno autonomo, ma sono diventati una sperduta provincia dell'Impero Persiano, non hanno più un esercito e quindi non hanno alcuna possibilità di dichiarare guerre e tanto meno di farne e allora possono parlare di guerre passate con frasi altisonanti anche se non sono mai avvenute. Tra realtà storica e narrazioni bibliche ci sono grandi differenza, così anche la Storia ci aiuta ad interpretare la Bibbia.
Ad esempio Gios 6 racconta la caduta di Gerico, città dotata di imponenti mura costituita da enormi massi. Essa sarebbe caduta dopo che i sacerdoti avevano fatto il giro di tutta la città per sette giorni e all'ultimo giro del settimo giorno, al suono del trombe accompagnato dal grido di tutto il popolo le mura sarebbero crollate. L'archeologia però ci consente di affermare che quelle mura erano cadute qualche millennio prima del dato biblico. La Bibbia è sbagliata? Assolutamente no. La Bibbia cerca di insegnare ai fedeli di JHWH a fidarsi /haman di Dio.

            E noi sappiamo, istruiti da Gesù Cristo, che quando dei soldati schierati in battaglia si rivolgono a Dio perché lì protegga sanno che Lui sta di qua, ma anche di là del fronte, come diceva Don Mazzolari.
Il "Gott mit uns", finalmente l'abbiamo compreso, non regge alla prova dei fatti.

 

24 - febbraio - 2024

* Lettura 11     Israele e Edom; prova della fede                      Dt 2,1 - 8  

Dt 2,1 «Allora cambiammo direzione e partimmo per il deserto verso il Mare Rosso, come JHWH mi aveva detto, e girammo intorno al monte Seir per lungo tempo. 2 JHWH mi disse: 3 Avete girato abbastanza intorno a questa montagna; volgetevi verso settentrione. 4 Da' quest'ordine al popolo: Voi state per passare i confini dei figli di Esaù, vostri fratelli, che dimorano in Seir; essi avranno paura di voi; state bene in guardia: 5 non muovete loro guerra, perché del loro paese io non vi darò neppure quanto ne può calcare la pianta di un piede; infatti ho dato il monte di Seir in proprietà a Esaù. 6 Comprerete da loro con denaro le vettovaglie che mangerete e comprerete da loro con denaro anche l'acqua da bere. 7 Perché JHWH tuo Dio ti ha benedetto in ogni lavoro delle tue mani, ti ha seguito nel tuo viaggio attraverso questo grande deserto; JHWH tuo Dio è stato con te in questi quaranta anni e non ti è mancato nulla.
8 Allora passammo oltre i nostri fratelli, i figli di Esaù, che abitano in Seir, lungo la via dell'Araba, per Elat ed Ezion-Gheber. Poi ci voltammo e avanzammo in direzione del deserto di Moab».

Dopo il rifiuto di entrare nella Terra il popolo, sempre guidato da Mosè, si dirige verso il Mare dei Giunchi e poi comincia a vagare nel deserto per trentotto anni che sommati ai due passati ai piedi del Sinai fanno quasi quarant'anni. In questo periodo tutti quelli che avevano partecipato al fattaccio di Qadesh- Barnea avevano raggiunto i loro padri; sono rimasti soltanto i figli, e i due che non avevano partecipato alla disobbedienza: Giosuè e Caleb. C'è anche Mosè che sempre guida il popolo, lui che "parla con Dio faccia a faccia" (Es 33,11), ma che, come abbiamo già visto, è destinato a restare fuori dalla Terra "dove scorre latte e miele".
Quindi il popolo attuale è un popolo nuovo, che non ha conosciuto l'Egitto, non ha sperimentato la schiavitù e non può avere rimpianti "per la carne, le cipolle e i cocomeri", quindi   "non si volta indietro" perché la sua speranza sta tutta nel futuro.

            Qui emerge una delle funzioni principali del Deuteronomio: spiegare a questa nuova generazione la Torah che i padri hanno ricevuto ai piedi del Sinai.
Tuttavia anche per loro troviamo subito la prova della fede. Già tutto il cammino narrato in Esodo era una prova della fede da parte di Israele e della fedeltà da parte di Dio. Sempre precaria la prima, assolutamente affidabile la seconda.
La prova per costoro consiste nel non muovere guerra ai discendenti di Esaù fratello di Giacobbe. Gn 36 racconta che quando Giacobbe di ritorno da  Carran, era diventato così ricco di capi di bestiame che le greggi e le mandrie dei due fratelli non potevano vivere vicine perché i pascoli non sarebbero stati sufficienti ad alimentarle, così furono costretti a separarsi.
Giacobbe e il suo clan si stabilirono a Mamre vicino ad Ebron, mentre Esaù si stabilì più a Sud, nella zona di Seir.
Esaù è chiamato anche Edom per cui i suoi discendenti saranno chiamati Edomiti o Idumei e analogamente la loro regione sarà Idumea o Edom. Ricordiamo che Erode il Grande, quello che incrocerà l'inizio della vita di Gesù era Idumeo. Abbiamo trattato la separazione di Giacobbe ed Esaù nelle letture 106 e 107 di Genesi (vedi archivio).

            Ora, questi nuovi giovani di Israele devono rispettare le proprietà degli edomiti, non solo per gli ancestrali legami di parentela, ma soprattutto perché la terra di Seir è stata assegnata da Dio ad Esaù, mentre a loro è già stata assegnata, dietro giuramento di JHWH, un'altra terra, quella di Canaan.
La prova della fede in JHWH consiste proprio nel non appropriarsi della terra di Esaù e addirittura comprare acqua e alimenti di cui hanno bisogno. Come in effetti farà questo Nuovo Israele.

Appare così un principio fondamentale del nostro libro: è Dio che suddivide la terra tra i popoli e nessuno può muovere guerra di conquista altrimenti il fallimento è sicuro, come abbiamo visto nella lettura precedente.
Il Signore della guerra è solo JHWH. Se Lui non la combatte  o è contrario la sconfitta è sicura.

 Al capitolo 32 del nostro libro viene esposto proprio questo principio:

Dt 32,8« Quando l'Altissimo divideva i popoli, / quando disperdeva i figli dell'uomo,
egli stabilì i confini delle genti / secondo il numero dei figli di Dio [LXX]».

Questo corrisponde a Gn 10 dove si racconta la discendenza di Noè dalla quale deriva la "Tavola dei Popoli" che elenca tutti i popoli conosciuti e i territori nei quali ogni popolo era insediato.

Potremmo allora dedurre che la "Guerra di JHWH" non abbia a che fare con un Dio guerriero, ma sia un atto di giustizia che restituisce il proprio territorio a quel popolo che un avversario più potente e numeroso gli aveva sottratto.

8 - luglio - 2024

* Lettura 12 Israele Moabiti e Ammoniti

Dt 2,9 « JHWH mi disse: Non attaccare Moab e non gli muovere guerra, perché io non ti darò nulla da possedere nel suo paese; infatti ho dato Ar ai figli di Lot, come loro proprietà.
10 Prima vi abitavano gli Emim: popolo grande, numeroso, alto di statura come gli Anakiti. 11 Erano anch'essi considerati Refaim come gli Anakiti; ma i Moabiti li chiamavano Emim. 12 Anche Seir era prima abitata dagli Hurriti, ma i figli di Esaù li scacciarono, li distrussero e si stabilirono al posto loro, come ha fatto Israele nel paese che possiede e che JHWH gli ha dato.
13 Ora alzatevi e passate il torrente Zered! E attraversammo il torrente Zered. 14 La durata del nostro cammino, da Kades-Barnea al passaggio del torrente Zered, fu di trentotto anni, finché tutta quella generazione di uomini atti alla guerra scomparve dall'accampamento, come JHWH aveva loro giurato. 15 Anche la mano di JHWH era stata contro di loro, per sterminarli dall'accampamento finché fossero annientati. 16 Quando tutti quegli uomini atti alla guerra furono passati nel numero dei morti, 17 JHWH mi disse: 18 Oggi tu stai per passare i confini di Moab, ad Ar, e ti avvicinerai agli Ammoniti. 19 Non li attaccare e non muover loro guerra, perché io non ti darò nessun possesso nel paese degli Ammoniti; infatti l'ho dato in proprietà ai figli di Lot.
20 Anche questo paese era reputato paese di Refaim: prima vi abitavano i Refaim e gli Ammoniti li chiamavano Zanzummim: 21 popolo grande, numeroso, alto di statura come gli Anakiti; ma JHWH li aveva distrutti davanti agli Ammoniti, che li avevano scacciati e si erano stabiliti al loro posto. 22 Così JHWH aveva fatto per i figli di Esaù che abitano in Seir, quando distrusse gli Hurriti davanti a loro; essi li scacciarono e si stabilirono al loro posto e vi sono rimasti fino ad oggi. 23 Anche gli Avviti, che dimoravano in villaggi fino a Gaza, furono distrutti dai Kaftoriti, usciti da Kaftor, i quali si stabilirono al loro posto».

Nella lettura precedente abbiamo visto come Israele su comando di Dio ha trattato i discendenti di Esaù, passando presso i loro territori e pagando tutto quello di cui aveva bisogno per il proprio sostentamento.
La stessa cosa si dovrà ripetere in questo caso a riguardo dei discendenti di Lot.
            Chi era Lot ? Lot  era quel nipote di Abramo che parti insieme al nostro patriarca da Carran (Mesopotamia) seguendolo in tutte la sue vicende fino a che le greggi divennero così numerose da rendere insufficienti i pascoli. Fu presa così la decisione di dividersi e Lot scelse la ricca valle del Giordano stabilendosi a Sodoma. Quando Sodoma e Gomorra vennero distrutte a causa della gravità dei peccati che là si commettevano, Lot dovette fuggire e finì per stabilirsi, sempre in preda alla paura per quello che aveva visto, in una caverna insieme alle due figlie. Queste raggiunta l'età da marito, non abitando nessuno nei dintorni, decisero, con inganno, di unirsi al padre. Così vennero alla luce due figli Lot: Moab e Ammon, come recita il seguente passaggio:

Gn 19,37 «La maggiore partorì un figlio e lo chiamò Moab. Costui è il padre dei Moabiti che esistono fino ad oggi. 38 Anche la più piccola partorì un figlio e lo chiamò «Figlio del mio popolo». Costui è il padre degli Ammoniti che esistono fino ad oggi».

Abbiamo trattato questa storia nella Lettura 71 di Genesi.

La distruzione di Sodoma e Gomorra a causa dei loro peccati evidenzia che secondo questa teologia, è Dio che sceglie quando dare o togliere un certo territorio.
Così, nel nostro caso, Dio protegge la terra dei moabiti e degli ammoniti perché discendenti di Lot e parenti di Abramo, mentre toglierà Canaan ai cananei a causa dei loro peccati assegnando quella terra a Israele.
Questo principio è tanto più evidente se rileviamo che le terre di Moab e Ammon prima erano in possesso di altri popoli. I nomi di essi creano una certa confusione perché alcuni sono citati due volte, altri una volta sola. Allora cerchiamo di passarli in rassegna partendo da quelli nominati per primi.

Emim secondo alcuni autori è un popolo probabilmente emigrato dall'occidente, ma non si posseggono notizie più precise. Infatti essi sono assimilati agli Anakiti o Anaqiti ritenuti dei giganti. L'idea di una popolazione preistorica gigantesca deriva dalla ritrovamento di costruzioni enormi che ha stimolato la fantasia di chi le vedeva. Quello che si vuole comunicare è che questi giganti sono stati sconfitti dai Moabiti grazie all'intervento di JHWH.

            La stessa cosa vale per i discendenti di Esaù che hanno eliminato gli Hurriti sempre per l'intervento di Dio, come abbiamo già visto nella lettura precedente. Degli Hurriti o Horriti, si sa che erano un grande popolo situato a nord della Mesopotamia, nel nostro caso si tratterebbe di un piccolo gruppo emigrato in occidente..

Refaim è un nome spesso usato nella Bibbia per indicare collettivamente i popoli che abitavano la Palestina nei tempi antichi.

Abbiamo anche Avviti che abitavano costa pianeggiante e furono annientati da Kaftoriti. Questi si ritenevano provenienti da Kaftor, città di Creta. Storicamente dobbiamo ricordare che tra il 1200 e il 1000 a. C. la Palestina vede un progressivo arrivo di "Popolo del Mare", così nominati in altri luoghi della Bibbia, che saranno poi chiamati Filistei, in occidente conosciuti come Fenici i quali diventeranno padroni di tutte le coste del Mediterraneo. Ecco le prime invasioni provengono da Kaftor, cioè isola di Creta. E sappiamo quante guerre dovranno fare i primi re di Israele, Saul e Davide contro i Filistei. Sarà il loro nome in parte alterato con il quale i Romani battezzeranno la Palestina.

            Però anche se ci ripetiamo, tutto questo serve a dire che il possesso o la perdita della terra è sempre opera di JHWH. Contro la sua decisione l'uomo non può nulla.

Forse questa idea che siano le divinità ad assegnare la terra ad un popolo spiega la sacralità della terra e dei suoi confini che non possono essere attraversati da stranieri senza un esplicito permesso. Non dimentichiamo che alle origini di Roma sta l'uccisione di Remo da parte deel fratello Romolo che ha attraversato il solco quale confine della sua città.

            Tornando al nostro libro, è opportuno ricordare che l'Opera Deuteronomica nasce nel post esilio quando il Regno d'Israele, prima, e quello Giuda poi, non c'erano più.
Allora sorge la domanda: come mai questi due Regni sono spariti tra le nazioni?

"Perché Israele non aveva osservato la Torah"

Questa è la teologia che ispira il Deuteronomio.

 

18 - luglio - 2024

* Lettura 13 Inizio della conquista della Terra  

Dt 2,24 «Suvvia, levate l'accampamento e passate la valle dell'Arnon; ecco io metto in tuo potere Sicon, l'Amorreo, re di Chesbon, e il suo paese; comincia a prenderne possesso e muovigli guerra. 25 Oggi comincerò a incutere paura e terrore di te ai popoli che sono sotto tutto il cielo, così che, all'udire la tua fama, tremeranno e saranno presi da spavento dinanzi a te.
26 Allora mandai messaggeri dal deserto di Kedemot a Sicon, re di Chesbon, con parole di pace, e gli feci dire: 27 Lasciami passare nel tuo paese; io camminerò per la strada maestra, senza volgermi né a destra né a sinistra. 28 Tu mi venderai per denaro contante le vettovaglie che mangerò e mi darai per denaro contante l'acqua che berrò; permittimi solo il transito, 29 come mi hanno permesso i figli di Esaù, che abitano in Seir, e i Moabiti che abitano in Ar, finché io abbia passato il Giordano per entrare nel paese che JHWH nostro Dio sta per darci. 30 Ma Sicon, re di Chesbon, non ci volle lasciar passare nel suo paese, perché il Signore tuo Dio gli aveva reso inflessibile lo spirito e ostinato il cuore, per mettertelo nelle mani, come appunto è oggi. 31 Il Signore mi disse: Vedi, ho cominciato a mettere in tuo potere Sicon e il suo paese; da' inizio alla conquista impadronendoti del suo paese. 32 Allora Sicon uscì contro di noi con tutta la sua gente per darci battaglia a Iaaz. 33 Il Signore nostro Dio ce lo mise nelle mani e noi abbiamo sconfitto lui, i suoi figli e tutta la sua gente. 34 In quel tempo prendemmo tutte le sue città e votammo allo sterminio ogni città, uomini, donne, bambini; non vi lasciammo alcun superstite. 35 Soltanto asportammo per noi come preda il bestiame e le spoglie delle città che avevamo prese. 36 Da Aroer, che è sull'orlo della valle dell'Arnon, e dalla città che è sul torrente stesso, fino a Gàlaad, non ci fu città che fosse inaccessibile per noi: JHWH nostro Dio le mise tutte in nostro potere. 37 Ma non ti avvicinasti al paese degli Ammoniti, a tutta la riva dal torrente Iabbok, alle città delle montagne, a tutti i luoghi che JHWH nostro Dio ci aveva proibito di attaccare».

La città di Chesbon capitale del regno di re Sicom era situata a 22 Km a nord dello sbocco del Giordano del Mar Morto. Il confine sud del regno era il torrente Arnon mentre quello nord il fiume Jabbok. Possiamo restare sorpresi che il nome del regno sia identificato con quello della città, ma questo corrisponde alla struttura di quei mini-regni in cui c'era il Palazzo circondato da case nelle quali risiedevano tutti coloro che erano coinvolti  nelle attività palatine: soldati, panettieri, fabbri, muratori e vari artigiani, mentre il resto del paese era costituito da contadini che dovevano fornire i prodotti della terra al Palazzo sotto forma di tasse. In pratica tutta la vita di questi staterelli girava intorno al Palazzo. Passi il paragone alquanto tirato: era una realtà molto simile all'Europa feudale nella quale, la vita si svolgeva tutta attorno al castello.
Ora, questo regno si trova a Oriente del Giordano per cui a rigore non dovrebbe fare parte della Terra, tuttavia esso costituisce la prima conquista fatta da Israele. La conquista della Terra vera e propria sarà fatta da Giosuè quando attraverserà il Giordano e prenderà la città di Gerico. Ricordiamo però che per Giacobbe, di ritorno dalla Mesopotamia, l'attraversamento dello Jabbok segna già l'ingresso nella Terra Promessa
           Così il passaggio del fiume Arnon segna l'inizio della conquista e dell'insediamento in Canaan che, dopo Mosè, proseguirà con Giosuè, poi i Giudici, per completarsi con l'avvento della Monarchia. Ricordiamo che la storia di queste conquiste sono raccontate in Giosuè, Giudici, 1 e 2 Samuele, 1 e 2 Re che costituiscono l'opera Deuteronomistica, la quale  risente tutta della teologia del Deuteronomio che è stato composto in epoca post-esilica e non in presa diretta... Del resto tutti i libri "storici" sono "storiografie", sono sempre la "Storia" raccontata a partire da un punto di vista. 
            Il primo atto compiuto da Mosè è la richiesta di poter passare pacificamente come aveva fatto nell'attraversamento dei territori di Moab, degli Ammoniti e dei discendenti di Esaù, ma qui c'è un intervento di Dio che indurisce il cuore di re Chesbon che decide risolutamente di impedire il passaggio ad Israele.

            L'indurimento del cuore appare più volte nella Bibbia a partire da Faraone  che nel racconto delle "Dieci Piaghe" di Egitto (vedi Esodo), malgrado il disastro prodotto da ogni piaga è sempre risoluto nell'impedire agli ebrei schiavi di lasciare il paese. La figura dell'indurimento del cuore ha a che fare con la cultura del tempo che riteneva il cuore la sede delle intenzioni e delle decisioni. Noi invece riteniamo sede delle intenzioni la mente, mentre il cuore sarebbe il luogo delle emozioni, dei sentimenti.
Ecco, l'indurimento del cuore non è un'azione preventiva di Dio, come apparirebbe da testo, ma Dio si rende conto che l'uomo rifiuta il Suo progetto per cui rende il cuore del tutto insensibile e appunto duro. Dio non è Dio per Chesbon solo per la vicenda che riguarda gli Israeliti, ma Egli era tale anche prima perché aveva già sperimentato l'impossibilità di influenzare le azioni di questo reuccio. Possiamo dire che Chesbon  si credeva superiore ad ogni intervento celeste, proprio come a suo tempo, Faraone, il quale credeva che ogni divinità fosse a servizio dei suoi voleri o capricci. Questo tema può essere chiarito da un passaggio di Esodo.
Quando Mosè si rivolge a Faraone parlando dei "segni" che Dio ha mandato, cioè le piaghe, egli in modo presuntuoso risponde così: «Chi è JHWH perché io gli debba dare retta [...] Io non conosco JHWH e neppure rilascerò Israele» Es 5,2.
Allora tutti i segni, piaghe, hanno il compito di mostrare, "in-segnare", che c'è questo Dio, JHWH, che lui non conosce. Il fatto è che non vuole assolutamente conoscerlo perché dovrebbe abbandonare la sua ideologia, la quale ritiene che gli dèi sono dalla parte dei potenti. Che Dio sia uno che vuole liberare degli schiavi? Non esiste e non esisterà mai!  (Vedi Esodo lettura 21)

            Tornando al nostro testo possiamo dire che sono presenti tutte le premesse per una guerra e una vittoria. E possiamo aggiungere che questa è una guerra di JHWH perché, secondo la teologia del Deuteronomio, Egli aveva prestabilito che tutti i cananei sarebbero stati vinti e la Terra sarebbe diventata dei discendenti di Abramo.
Dobbiamo dire che storicamente le cose non andarono così e lo testimoniano le ricerche storico-archeologiche, ma soprattutto la lettura dei Profeti che per secoli si lamentarono dei peccati commessi dai figli di Israele frequentando il luoghi sacri di Baal e le Astarti che tra l'altro offrivano la prostituzione sacra oltre ai sacrifici dei bambini. Quindi ebrei e cananei vivevano piuttosto mescolati, il che vuol dire che la "conquista della Terra" non ha fatto piazza pulita degli antichi abitanti.
            Nel nostro caso la vittoria è assicurata perché accanto all'esercito di Israele combatte anche JHWH, per cui la vittoria più che di Israele è vittoria di Dio.

            A noi può impressionare lo "sterminio / herem degli abitanti di Chesbon,  fatto che nel parallelo racconto di Nm 21, 21-31 è assente, ma questo dipende dalla teologia del Deuteronomio il cui redattore vuole insegnare che i discendenti di Abramo debbano vivere per conto loro, senza adottare i costumi e le usanze dei loro vicini. Questo poggia sulla convinzione che la caduta di Gerusalemme, la perdita del Regno, l'essere diventati semplice provincia dell'Impero persiano o dei successori di Alessandro Magno, sia la conseguenza dei peccati commessi dai predecessori, che non avevano rispettato tutti i precetti della Torah. Infatti, ricordiamo, il nostro libro vuole essere una ripresa della Legge riportandola alla sua antica purezza.

E qui emerge il principio della riforma deuteronomica, che è il fondamento di ogni riforma, ebraica o cristiana che sia: ritornare all'origine. È per questo che la Chiesa continua a proporre la Parola.
            Ad ogni modo questo herem / sterminio è differente ad altri che seguiranno, perché non è totale in quanto limitato solo a uomini donne e bambini, mentre animali e cose diventano bottino.
C'è un comportamento anomalo rispetto alle usanze dell'epoca perché in genere uomini, donne e bambini erano fatti prigionieri e venduti come schiavi.
È quella anomalia che non vuole che la vicinanza di quella gente divenuta schiava possa corrompere la religione e i costumi di Israele.

5 settembre 2024

* Lettura 14             Dt 3,1 - 7       La presa di Basan   

«Poi ci voltammo e salimmo per la via di Basan. Og re di Basan, con tutta la sua gente, ci venne incontro per darci battaglia a Edrei. 2 JHWH mi disse: Non lo temere, perché io darò in tuo potere lui, tutta la sua gente e il suo paese; tu farai a lui quel che hai fatto a Sicon, re degli Amorrei, che abitava a Chesbon. 3 Così JHWH  nostro Dio mise in nostro potere anche Og, re di Basan, con tutta la sua gente; noi lo abbiamo sconfitto, senza lasciargli alcun superstite. 4 Gli prendemmo in quel tempo tutte le sue città; non ci fu città che noi non prendessimo loro: sessanta città, tutta la regione di Argob, il regno di Og in Basan. 5 Tutte queste città erano fortificate, con alte mura, porte e sbarre, senza contare le città aperte, che erano molto numerose. 6 Noi le votammo allo sterminio, come avevamo fatto di Sicon, re di Chesbon: votammo allo sterminio ogni città, uomini, donne, bambini. 7 Ma il bestiame e le spoglie delle città asportammo per noi come preda».

            Questo popolo diretto a Canaan stava percorrendo la Via Regia un'antica strada che partiva dall'Egitto, attraversava il Sinai fino ad Aqaba e da lì risaliva il deserto e poi la valle del Giordano rimanendo sulla destra (sinistra orografica) sino a raggiungere Damasco e poi il fiume Eufrate, quindi questo popolo dopo il reame di Chesbon deve attraversare quello di Basan.
A differenza dell'episodio precedente in questo caso non pare che Mosè abbia avuto la possibilità di una trattativa. Israele voleva solo passare per arrivare a Canaan, cioè al di là del Giordano, ma questo reuccio con tutta la sua gente si schiera per dare battaglia. Va notato che se con Sicon c'è stato un tentativo di trattativa con Og re di Basan la trattativa non è neanche iniziata. Dio interviene di persona e vince a vantaggio del suo popolo.

            Qui il testo appare quanto mai deciso nello spiegare a chi vuole essere credente una verità precisa. L'esito della guerra in cui Dio ha deciso di intervenire è già stabilito a priori. Il ricorso a trattative è del tutto superfluo perché si tratta di una guerra di JHWH volta a difendere il popolo cui Egli ha fatto promesse precise. (Vedi le fondamentali osservazioni proposte in Glosse dalla nota esegetica 9). Questa verità sembra scontata. Eppure di fatto messa in discussione dal sentire, dal volere e dalle stesse strategie dell'uomo concretamente impegnato ad affrontare gli ingaggi del quotidiano. Così, Dio passa dal primo all'ultimo posto.

            Qui va aggiunta una ulteriore sottolineatura. Va fatto emergere in piena chiarezza il fatto che che effettivamente questo brano propone un nudo resoconto di guerre. Tuttavia, gli autori sono stati santi a scrivere dalla necessità di educare le coscienze degli ebrei alla costruzione di un sano rapporto con JHWH. Per questo, ciò che si vuole affermare è il fatto che Israele deve sempre vivere sentendo, apprezzando e soprattutto esaltando la vicinanza misericordiosa del suo Dio. In tal modo il fattore guerra passa necessariamente come in secondo piano. La guerra è senz'altro ricordata come avvenimento concreto. Solo che l'evocazione di questo avvenimento deve uscire dal livello della cronaca del passato per raggiungere il presente e ricordare che la guerra che c'è stata non deve mai costituire il fattore preminente. In questione va infatti percepito l'amore che Dio ha fattivamente voluto esprimere al suo popolo. Così, gli ebrei dal testo sacro sono ammoniti a non esaltarsi nel ricordo di imprese vittoriose. Al contrario, essi devono rifarsi proprio a questi avvenimenti per scorgere di continuo tra le pieghe di questi tragici avvenimenti i segni, che devono a loro apparire inequivocabili, che Dio ha deciso di raggiungere il suo popolo e di diventare un suo difensore. Questi fatti, devono insegnare che qualsiasi cosa succeda, anche la più tremenda, Dio sa farsi presente, con la sua forza invitta e la sua misericordia mai scalfibile.

            Ne viene che per gli autori di Deuteronomio il ricordo delle guerre seguite all'Esodo dall'Egitto rappresenta un fattore storico che in nessun modo può essere messo da parte. Va riproposto a ogni generazione. Tuttavia, nel compierlo, la preoccupazione deve essere unica e spirituale. Si tratta di riuscire a passare alle generazioni successive un senso molto vivo della presenza di JHWH nello svolgimento della vita terrena. In particolare, il ricordo deve servire a fissare nelle coscienze degli di tutti i tempi un senso preciso e incisivo della misericordia di Dio.

           Proprio questo particolare fa apparire la motivazione fondamentale che porta alla attuazione dell'herem. Lo sterminio non è vissuto come reazione carica di vendetta sul nemico che ha voluto la guerra e l'ha persa. Deve per questo pagare in modo addirittura spettacolare le conseguenze del suo grave errore di valutazione. Non deve neppure diventare un duro atto pedagogico con il quale si mette chiunque in guardia una volta per tutte a non mettere mai più in atto simili comportamenti. E' al contrario vissuto come atto sacro che vuole riconoscere in modo molto manifesto la centralità  dell'intervento di Dio nello scenario dello scontro armato. Lui va riconosciuto senza alcuna incertezza come unico vincitore. Pertanto, il bottino va assegnato esclusivamente a Lui. Ne viene così che, in Deuteronomio, l'herem è prospettato e interpretato come atto di devozione spirituale e non già come crudele esercizio di forza bruta e implacabile.

           Se questa precisazione non diventa chiara alla coscienza di chi legge, il racconto della guerra verrà necessariamente travisato. Non avrà più alcun motivo di esistere nelle Sacre Scritture. Genererà contestualmente problemi di interpretazione sostanzialmente irrisolvibili.
Tuttavia, in ogni caso, la realtà dura e drammatica dell'harem pone problemi teologici molto seri che vanno affrontati senza ridimensionarli o, peggio, senza occultarli. Soprattutto oggi, l'herem sconvolge lo spirito dell'uomo moderno. In particolare, del cristiano.
Va detto anzitutto che questo gesto estremo, lo herem /sterminio, come ogni evento terreno nasce in un tempo preciso, dominato da una cultura altrettanto precisa. Questa osservazione si fa particolarmente importante se si tiene presente il carattere storico della Rivelazione data da Dio alla terra attraverso la storia vissuta da Israele a partire da Abramo. Dio ha rivelato se stesso. Non lo ha fatto con una unica manifestazione di sé. La fede ebraica, e alla pari quella cristiana, sono di fatto passate per successivi stadi temporali. Dio non cambia mai. L'uomo e la sua coscienza invece cambiano.
Va pertanto riconosciuto che il popolo ebraico è vissuto immerso in forma di cultura che Dio ha di volta in volta chiamato a superare. Ma Dio, in ogni caso, non si è sovrapposto alla coscienza del suo popolo, obbligandola e piegandola a trasformazioni soltanto subite. In questo preciso tempo storico anche Israele è convinto che dal momento che la guerra è condotta e vinta dal suo Dio, tutti i componenti del popolo conquistato sono bottino unicamente del medesimo Dio. Pertanto a lui devono essere offerti e sacrificati. Se invece fossero fatti diventare propri schiavi o fossero venduti non apparterebbero più a Dio. In tal modo Israele si arrogherebbe una vittoria che non è sua. 

           Certo, la questione dell'harem si rifà a una questione più generale.
Una compressione più profonda e soddisfacente di ogni singola parte della Rivelazione la si raggiunge solo quando si giunge a considerare le Scritture come un unicum, assolutamente coerente, nel quale le varie parti sono tra di loro perfettamente interconnesse. In questo unicum  Antico Testamento e Nuovo Testamento si chiariscono l'un l'altro. In particolare, centrale è l'intervento di Gesù. Lui è il Maestro che apre alla comprensione ultima e definitiva di tutte le pagine dell'Antico Testamento. Gesù infatti rende piena e luminosa la rivelazione di Dio.

           In sintesi, si può affermare che l'annuncio della misericordia di Dio è passato per disparate fasi di sviluppo. La sua realtà può essere paragonata al marmo di una statua. Colpo dopo colpo, l'immagine appare nella sua verità effettiva. Ritornando alla questione che ci interessa, se ogni fase dell'annuncio della misericordia divina fosse letta a prescindere dalle altre,  l'immagine di Dio ne uscirebbe alquanto deformata. Il contenuto dei libri storici va allora riletto alla luce dell'opera dei diversi profeti. Soprattutto, va riletto alla luce della Rivelazione legata all'Incarnazione del Figlio di Dio seguita dalla Crocifissione e dalla Risurrezione. La verità della Rivelazione è sintesi.

           Si può concludere che la pagina dell'herem deve parlare anche a te. Lasciati interpellare da essa.
           Come vivi le battaglie della tua vita? Avverti Dio con te? Cosa gli riconosci? Come fai crescere in te e attorno a te la centralità della misericordia divina? Nel affermarlo e nel viverlo quanto sei di fatto cristiano?

 

23 - settembre - 2024

* Lettura 15        Dt 3,8 - 22     La prima suddivisione della Terra   

Dt 3,8 «In quel tempo, abbiamo preso ai due re degli Amorrei il paese che è oltre il Giordano, dal torrente Arnon al monte Ermon 9 - quelli di Sidone chiamano Sirion l'Ermon, gli Amorrei lo chiamano Senir -, 10 tutte le città della pianura, tutto Gàlaad, tutto Basan fino a Salca e a Edrei, città del regno di Og in Basan. 11 Perché Og, re di Basan, era rimasto l'unico superstite dei Refaim. Ecco, il suo letto, un letto di ferro, non è forse a Rabba degli Ammoniti? È lungo nove cubiti secondo il cubito di un uomo.
12 In quel tempo abbiamo preso in possesso questo paese: ai Rubeniti e ai Gaditi diedi il territorio di Aroer, sul torrente Arnon, fino a metà della montagna di Gàlaad con le sue città.
13 Alla metà della tribù di Manàsse diedi il resto di Gàlaad e tutto il regno di Og in Basan; tutta la regione di Argob con tutto Basan, che si chiamava il paese dei Refaim. 14 Iair, figlio di Manàsse, prese tutta la regione di Argob, sino ai confini dei Ghesuriti e dei Maacatiti, e chiamò con il suo nome i villaggi di Basan, che anche oggi si chiamano Villaggi di Iair. 15 Diedi Gàlaad a Machir. 16 Ai Rubeniti e ai Gaditi diedi da Gàlaad fino al torrente Arnon, fino alla metà del torrente che serve di confine e fino al torrente Iabbok, frontiera degli Ammoniti, 17 e l'Araba il cui confine è costituito dal Giordano, da Genèsaret fino al mare dell'Araba, cioè il Mar Morto, sotto le pendici del Pisga, verso l'oriente.
18 Ora in quel tempo io vi diedi quest'ordine: JHWH  vostro Dio vi ha dato questo paese in proprietà. Voi tutti, uomini vigorosi, passerete armati alla testa degli Israeliti vostri fratelli. 19 Soltanto le vostre mogli, i vostri fanciulli e il vostro bestiame (so che di bestiame ne avete molto) rimarranno nelle città che vi ho date, 20 finché JHWH abbia dato una dimora tranquilla ai vostri fratelli come ha fatto per voi, e prendano anch'essi possesso del paese che JHWH vostro Dio sta per dare a loro oltre il Giordano. Poi ciascuno tornerà nel possesso che io vi ho dato.
21 In quel tempo diedi anche a Giosuè quest'ordine: I tuoi occhi hanno visto quanto JHWH vostro Dio ha fatto a questi due re; lo stesso farà JHWH a tutti i regni nei quali tu stai per entrare. 22 Non li temete, perché lo stesso JHWH vostro Dio combatte per voi».

 

Il nostro brano crea una certa confusione perché riporta la distribuzione dei territori conquistati in due direzioni, prima da Nord verso Sud e poi da sud verso nord.

I nomi delle località riportate a noi non dicono molto e anch'essi producono confusione perché non abbiamo sottomano una carta geografica con quei nomi, e anche se guardassimo una delle nostre (Google Map) troveremmo nomi differenti da quelli qui riportati. Riteniamo sia sufficiente ricordare che ad ovest il confine è segnato dal Giordano, ad est dal deserto mentre i confini Settentrionale e Meridionale li riassumiamo di seguito brevemente.

            Il confine settentrionale è segnato dal monte Ermon e dal fiume Jabbok, nome attuale Zarqa, che oggi scorre prevalentemente in Giordania e si immette nel Giordano poco più a nord del Mare di Galilea.

            Il confine Meridionale è determinato dal fiume Arnon che oggi scorre prevalentemente in Giordania e si getta nel Mar Morto all'incirca a metà (con una certa fatica si può trovare su Google Map).

            Questo territorio, risultato delle conquiste viste nelle due letture precedenti, viene divisa fra tre tribù: Ruben, Gad, Manasse, ma qui vengono poi citato  Iair figlio di Manasse. E anche Machir era figlio di Manasse anzi, il primogenito. Notiamo qui la preoccupazione del redattore di collegare la divisione fatta da Mosè in relazione ai nomi acquisiti dai territori nel corso del tempo, per cui sembra che ci sia stata una suddivisione in cinque parti, mentre erano solo tre. Inoltre, Manasse ricevette un grande territorio anche al di qua del Giordano nel corso della conquiste successive, un fatto molto importante perché in questo modo per Israele viene stabilita la continuità territoriale tra le due sponde del Giordano. Dobbiamo ricordare che Manasse era figlio di Giuseppe per cui non appare mai un territorio a lui assegnato, mentre sono sempre ricordati le due parti assegnate a due dei suoi figli: Manasse, appunto, ed Efraim.

            Ci possiamo chiedere perché Dio abbia condotto una guerra di sterminio verso i precedenti due re ed i loro popoli.
Al versetto 11 appare un breve cenno di carattere "archeologico" (?) il letto di re Og che misura, nella nostra unità, circa quattro per due metri. Il redattore assicura che esso e ancora visibile nella città di Rabbà degli ammoniti, l'attuale Amman. Allora Og era un discendente dei Refaim o Keniti, quindi un popolo non voluto da Dio e pertanto doveva essere eliminato. Troviamo la spiegazione nel libro di Genesi

Gen 6:1 «Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro figlie, 2 i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero. 3 Allora JHWH disse: «Il mio spirito non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni».
4 C'erano sulla terra i giganti a quei tempi - e anche dopo - quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell'antichità, uomini famosi».

Questo brano è premessa al racconto del Diluvio universale.
            Noi non sappiamo esattamente chi fossero questi "figli di Dio", ma probabilmente si trattava  di angeli ribelli che unendosi a donne  facevano si che nascessero uomini mostruosi, i giganti, ovvero, refaim, o qeniti o keniti.
Questi sono esseri che non fanno parte della creazione voluta da Dio per cui dovrebbero essere eliminati.
            Ora, i redattori del Libro Sacro hanno sempre cercato di non essere influenzati dalle mitologie dei popoli vicini, ma qualcosa è sfuggito. Così  nel nostro testo abbiamo un passaggio che vorrebbe affermare la veridicità di questa credenza: il Letto di Og dotato di misure fuori del comune che si trova a Rabba. Oggi Amman. Gli studiosi ritengono che si tratti di "dolmen" effettivamente esistenti nei pressi di Amman in zone in cui la roccia contiene ossidi di ferro per cui sembrano arrugginiti e quindi di ferro a tutti gli effetti. L'archeologia ci dice che essi vennero eretti in epoca neolitica quindi databili attorno a 9000 a. C. Sono strutture simili a quelle di Stonehenge in Inghilterra o ai vari dolmen sparsi nella Bretagna francese e in molte altre parti. Allora non è il caso di applicare dure critiche a quei redattori se di fronte a tali strutture abbiano pensato che fossero state erette da giganti.
Comunque a noi interessa solo evidenziare che l'ultimo discendente dei Refaim sia stato in qualche modo eliminato, ma sottolineiamo: con l'aiuto di Dio perché questa è stata una guerra di JHWH.

            Un altro brano potrebbe giustificare questa guerra di JHWH ed è la tavola delle genti di Gn 10 (non la riportiamo ma consigliamo di leggere il capitolo). In essa risulterebbe che dopo il Diluvio universale, Dio abbia suddiviso la terra fra tutti i popoli esistenti, settanta, sottintendendo che tutti dovrebbero stare tranquilli nel loro paese, ma sappiamo che la guerra inizia già tra i primi due fratelli apparsi in questo mondo: Caino e Abele.
Se è così, allora si potrebbe sostenere che questa guerra di JHWH e un mezzo per mettere, nel nostro contesto, un popolo, Israele nel territorio ad esso assegnato. E sappiamo che questa guerra continuerà, Guidata da Giosuè, fino quando Israele si sarà stabilmente insediato a Canaan.

            L'ultima parte del nostro brano riguarda l'impegno per le tre tribù che già hanno avuto la Terra di aiutare le altre tribù a conquistare Canaan al di qua, ovest, del Giordano. In Deuteronomio  questo tema è trattato in forma sintetica, ma in Numeri 32, probabilmente l'originale, che raccomandiamo di leggere, l'argomento è alquanto approfondito. Infatti, se le terre conquistate erano ricche di bestiame ed altri beni diventati bottino, ma con citta e case distrutte, risultava impossibile affidare alle sole donne e bambini la ricostruzione degli alloggi, la coltivazione dei campi e la cura del bestiame. Così da altri testi risulterà che la condivisione del prosieguo della guerra non sempre godette della partecipazione di tutti gli uomini in età di militare.

            Come conclusione potremmo dire che anche in questa lettura si presenta la teologia di Deuteronomio che, ribadiamo, è quella di redattori che hanno sperimentato o conosciuto da vicino l'Esilio babilonese e deve cercare di infondere fiducia in JHWH a delle persone deluse e sfiduciate.

Essi sono convinti che L'Esilio sia stata la conseguenza della inosservanza della Torà e dell'idolatria verso gli altre dèi presenti in Canaan, da qui l'idea che l'insediamento avvenuto ad opera di Giosuè sia stato accompagnato dallo sterminio dei precedenti abitanti della Terra "dove scorre latte e miele".

Ancora una volta dobbiamo dire che la Rivelazione non avviene tutta d'un colpo, ma che Dio mostra il suo disegno verso la Sua Creazione usando un linguaggio che gli uomini possano capire.

            Solo quando i tempi saranno maturi Egli invierà il Figlio per mostrare l'infinità del suo amore verso tutte le sue creature. E sottolineiamo "TUTTE".

 

* Lettura 16         Dt 3,23 - 29               La preghiera di Mosè    

Se la tenerezza di Dio verso il suo popolo corrisponde a quanto Mosè dice a Giosuè, che la lettura precedente ha ricordato, e cioè:

Dt 3,21 «In quel tempo diedi anche a Giosuè quest'ordine: I tuoi occhi hanno visto quanto JHWH vostro Dio ha fatto a questi due re; lo stesso farà JHWH tutti i regni nei quali tu stai per entrare. 22 Non li temete, perché lo stesso JHWH vostro Dio combatte per voi».

allora, avrà pensato Mosè, ci sarà qualcosa anche per me e così osa elevare a Dio una supplica:

Dt 3,23 «In quel medesimo tempo, io supplicai JHWH: 24 Signore Dio, tu hai cominciato a mostrare al tuo servo la tua grandezza e la tua mano potente; quale altro Dio, infatti, in cielo o sulla terra, può fare opere e prodigi come i tuoi? 25 Permetti che io passi al di là e veda il bel paese che è oltre il Giordano e questi bei monti e il Libano. 26 Ma JHWH si adirò contro di me, per causa vostra, e non mi esaudì. JHWH mi disse: Basta, non parlarmi più di questa cosa. 27 Sali sulla cima del Pisga, volgi lo sguardo a occidente, a settentrione, a mezzogiorno e a oriente e contempla il paese con gli occhi; perché tu non passerai questo Giordano. 28 Trasmetti i tuoi ordini a Giosuè, rendilo intrepido e incoraggialo, perché lui lo passerà alla testa di questo popolo e metterà Israele in possesso del paese che vedrai.
29 Così ci fermammo nella valle di fronte a Bet-Peor».

Anzitutto questa pericope è molto importante dal punto di vista strutturale. Abbiamo detto (Lettura 4) che il Deuteronomio può essere suddiviso in quattro parti corrispondenti a quattro discorsi di Mosè, Però, a sua volta, il primo discorso può essere suddiviso in due parti e il nostro testo Dt 3,23-28, segna il passaggio dalla prima parte alla seconda, essendo la prima prevalentemente storica, come abbiamo visto e la seconda una pressante esortazione ad osservare la Torah ed in particolare il primo comandamento.
Inoltre nella storia di formazione del Deuteronomio (Lettura 6) abbiamo affermato che i primi tre capitoli sono probabilmente l'ultima aggiunta che ha cercato di costruire un raccordo storico tra Esodo e l'Opera Deuterono-mistica che comprende: Deuteronomio, Giosuè, 1 Sam, 2 Sam, 1 Re e 2 Re.

Testamento di Mosè

Oltre a tutto, molto importante, questo brano fa "inclusione" con tutti i capitoli 31 - 34 che non possiamo riportare ma incominciano come segue:

De 31,1 «Mosè andò e rivolse ancora queste parole a tutto Israele. Disse loro: 2 «Io oggi ho centovent'anni; non posso più andare e venire; inoltre JHWH mi ha detto: Tu non passerai questo Giordano. 3 JHWH tuo Dio passerà davanti a te, distruggerà davanti a te quelle nazioni e tu prenderai il loro posto; quanto a Giosuè, egli passerà alla tua testa, come JHWH ha detto. 4 JHWH tratterà quelle nazioni come ha trattato Sicon e Og, re degli Amorrei, e come ha trattato il loro paese, che egli ha distrutto. 5 JHWH le metterà in vostro potere e voi le tratterete secondo tutti gli ordini che vi ho dati. 6 Siate forti, fatevi animo, non temete e non vi spaventate di loro, perché JHWH tuo Dio cammina con te; non ti lascerà e non ti abbandonerà».

Al volo ci rendiamo conto che il tema trattato nei due brani è il medesimo: Mosè non entrerà nella Terra della Promessa perché a 120 anni è giunto alla fine dei suoi giorni.

Questo, secondo il modo di strutturare i testi dagli antichi, stava ad indicare che tutto il tema trattato all'interno di questi due brani è il testamento di Mosè. Oggi metteremmo all'inizio il titolo:"Testamento di Mosè". In passato, invece, non avevano ancora inventato il nostro modo di strutturare i libri. Non avevano titoli, non c'erano capitoli, non c'erano segni d'interpunzione, non numeravano le pagine. L'organizzazione del testo era affidata esclusivamente al modo di comporre il testo.

Questa precisazione ci consente di capire che, se ci troviamo di fronte al testamento di Mosè, tutto quello che segue ed esamineremo nelle prossime letture è estremamente importante. 

Perché a Mosè viene impedito di entrare nella Terra?

Questo argomento è decisamente complesso. E', infatti, trattato da più testi non sempre concordi tra loro.

Dt 32,48 «In quello stesso giorno JHWH disse a Mosè: 49 «Sali su questo monte degli Abarim, sul monte Nebo, che è nel paese di Moab, di fronte a Gerico, e mira il paese di Canaan, che io dò in possesso agli Israeliti. 50 Tu morirai sul monte sul quale stai per salire e sarai riunito ai tuoi antenati, come Aronne tuo fratello è morto sul monte Or ed è stato riunito ai suoi antenati, 51 perché siete stati infedeli verso di me in mezzo agli Israeliti alle acque di Mèriba di Kades / Qadesh nel deserto di Sin, perché non avete manifestato la mia santità. 52 Tu vedrai il paese davanti a te, ma là, nel paese che io sto per dare agli Israeliti, tu non entrerai!».

In questo caso si tratterebbe di avere commesso un peccato nel quale era coinvolto Mosè e anche il fratello Aronne.

L'episodio di Meriba vede gli schiavi appena liberati protestare verso Mosè perché non c'è più acqua:  

Es 17,4 «Allora Mosè invocò l'aiuto di JHWH, dicendo: «Che farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». 5 JHWH disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani di Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va'! 6 Ecco, io starò davanti a te sulla roccia, sull'Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè così fece sotto gli occhi degli anziani d'Israele. 7 Si chiamò quel luogo Massa e Meriba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova JHWH, dicendo: «JHWH  è in mezzo a noi sì o no?». 

In questo caso la mancanza di fede è del popolo, non di Mosè. Quindi non ci sarebbe alcuna colpa a carico di Mosè ed Aronne.

Tuttavia la narrazione di Numeri è un po' diversa:

Nm 20,1 «Ora tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin il primo mese e il popolo si fermò a Kades / Qadesh. Qui morì e fu sepolta Maria (sorella di Mosè).
2 Mancava l'acqua per la comunità: ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne. 3 Il popolo ebbe una lite con Mosè, dicendo: «Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti a JHWH! 4 Perché avete condotto la comunità di JHWH in questo deserto per far morire noi e il nostro bestiame? 5 E perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per condurci in questo luogo inospitale? Non è un luogo dove si possa seminare, non ci sono fichi, non vigne, non melograni e non c'è acqua da bere».
6 Allora Mosè e Aronne si allontanarono dalla comunità per recarsi all'ingresso della tenda del convegno; si prostrarono con la faccia a terra e la gloria di JHWH apparve loro. 7 JHWH disse a Mosè: 8 «Prendi il bastone e tu e tuo fratello Aronne convocate la comunità e alla loro presenza parlate a quella roccia, ed essa farà uscire l'acqua; tu farai sgorgare per loro l'acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al suo bestiame».
9 Mosè dunque prese il bastone che era davanti a JHWH, come JHWH gli aveva ordinato. 10 Mosè e Aronne convocarono la comunità davanti alla roccia e Mosè disse loro: «Ascoltate, o ribelli: vi faremo noi forse uscire acqua da questa roccia?». 11 Mosè alzò la mano, percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza; ne bevvero la comunità e tutto il bestiame.
12 Ma JHWH disse a Mosè e ad Aronne: «Poiché non avete avuto fiducia in me per dar gloria al mio santo nome agli occhi degli Israeliti, voi non introdurrete questa comunità nel paese che io le dò». 13 Queste sono le acque di Mèriba, dove gli Israeliti contesero con JHWH e dove Egli si dimostrò santo in mezzo a loro».

A questo riguardo alcuni studiosi ritengono che il peccato di Mosè consista nell'aver battuto la roccia due volte. Ritengono che, siccome l'acqua non è uscita subito, Mosè abbia avuto un momento di incertezza che lo ha portato a battere la roccia una seconda volta. Qui è però del tutto verosimile dubitare che il battere due volte la roccia debba necessariamente tradire una mancanza di fede. Del resto un misuratore della fede non è ancora stato inventato. Solo Dio è in grado di conoscere la fede di una persona.

Come si vede, ci si trova di fronte a testi che propongono tradizioni diverse.

A questo punto a noi sembra necessario seguire l'ipotesi posta dagli studiosi che ritengono che la lettura della Bibbia sia da portare avanti tenendo sempre presente l'insieme dei Libri. Soprattutto, la necessità di leggere le singole parti con gli occhi dello Spirito.

Ora, un punto è dagli inizi molto chiaro: il legame di Mosè con il suo popolo è presentato come dato fondamentale, inequivocabile, costante. Appare già da quando, principe egiziano, Mosè scopre di essere ebreo e interviene per difendere un suo ebreo dalla prepotenza violenta di due egiziani. Mosè interviene a sua difesa e, addirittura, ne uccide uno. Ciò è fatto molto grave, perché evidentemente schiera Mosè dalla parte degli ebrei. A questo punto Mosè si ritrova costretto a fuggire, se vuole salvare la sua vita. Ma, nuovamente, Dio lo costringe a tornare in Egitto. Ciò avviene nel momento della visione del roveto ardente di Es 3. Lo vuole, quindi, in mezzo agli ebrei.
Più volte andrà da Faraone, rischiando la vita, per chiedergli di lasciare andare il "suo / Suo" popolo che alla fine riunirà per guidarlo nel deserto, dopo la notte della Decima Piaga: la morte dei primogeniti egiziani.
In diverse occasioni interverrà presso Dio perché il "suo / Suo" popolo possa superare gli ostacoli che incontra lungo il cammino: l'attraversamento del Mar Rosso, la sete nel deserto, la fame superata con la manna, la mancanza di carne con l'arrivo delle quaglie.
Fatti assai rilevanti, il dono della Legge / Torah sul Sinai e l'idolatria del vitello d'oro a cui segue l'intercessione di Mosè perché il "suo / Suo" popolo non sia abbandonato al suo destino. Questo passo merita di essere riportato perché mostra l'indissolubilità del legame tra Mosè e il "suo" popolo

Es 32,31 «Mosè ritornò da JHWH e disse: «Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d'oro. 32 Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato... E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto!».

La solidarietà di Mosè con il "suo" popolo è indissolubile. Se il popolo perirà egli perirà insieme a tutti loro. Non ammette alcuna separazione con il "suo" popolo... a costo di abbandonare anche il "suo" Dio: "...cancellami dal Tuo libro..." appunto!

Questo legame di Mosè con il "suo / Suo" popolo si prolunga per tutto il cammino nel deserto per quarant'anni con tutti quelli che grazie a lui sono stati liberati dalla schiavitù d'Egitto. Una solidarietà che si prolunga addirittura fino a condividere la colpa di Massa e Meriba nonché quella di Kades / Qadesh - Barnea quando si sono rifiutati di entrare nella Terra della Promessa per la paura suscitata da racconto degli esploratori (come abbiamo visto nella lettura 10). È esattamente quel popolo che viene condannato da JHWH a vagare nel deserto per quarant'anni finché saranno completamente sostituiti dalla nuova generazione che poteva rifiutarsi di combattere perché ancora bambini.

In questo modo Mosè resta legato fino alla fine a quelli che aveva liberato dall'Egitto e così morirà nel deserto come tutti loro.

            Chi vede in questa trama narrativa una sorta di anticipo della figura e della vicenda del Servo di JHWH narrato da Isaia ha fatto centro.

E' infine necessario tenere ben presente il Nuovo Testamento applica a Gesù ciò che Isaia dice a riguardo del Servo di JHWH nei testi che si leggono nella Settimana Santa.

I canti del Servo di JHWH sono sparsi nel libro di Isaia e sono: Is 42,1-9; Is 49,1-10; Is 50, 4-11; Is 52, 52,13-53,12

 

28 - novembre - 2024

* Lettura 17 Dt 4,1 - 8       Osservare e custodire la Torah     

Nei tre capitoli precedenti abbiamo riflettuto su di una sintetica rievocazione storica del cammino fatto da Israele a partire dall'Egitto fino alla conquista della Transgiordania e la sua suddivisione fra tre tribù.

Dal punto di vista strutturale il capitolo 4 può essere suddiviso in tre parti:
• un prologo vv 1-8 che cerca di motivare perché la Torah debba essere insegnata e custodita;
• un'accorata esortazione all'osservanza della Torah nella stessa forma dei trattati di alleanza dell'epoca 9-31;
• un epilogo 4,32-40 costituito da un pressante invito ad essere fedeli a JHWH sulla base di quanto Egli ha fatto per liberare Israele dalla schiavitù d'Egitto.

            Fatte queste premesse passiamo ad una riflessione sul testo in questione perché è particolarmente importante.

Prima di esporre la  Torah, che in effetti riguarderà soltanto il primo comandamento, che per certi versi riassume tutti gli altri, Mosè fa un accorato e appassionato invito a stare sempre in relazione con il Dio liberatore, JHWH.
Più che il discorso di un legislatore è il testamento di un padre che sta per lasciare i suoi figli. Abbiamo già detto che il Deuteronomio raccoglie gli ultimi quattro discorsi pronunciati, uno di seguito all'altro, nello stesso giorno prima di salire sul monte Nebo.
In questo breve invito troviamo quasi le ultime parole di un padre sul letto di morte.

Dt 4,1 «Ora dunque, Israele, ascolta i [huqqim e umispatim] disposizioni e norme che io vi insegno, perché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso del paese che JHWH, Dio dei vostri padri, sta per darvi. 2 Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi di JHWH Dio vostro che io vi comando. 3 I vostri occhi videro ciò che JHWH ha fatto a Baal-Peor: come JHWH tuo Dio abbia distrutto in mezzo a te quanti avevano seguito Baal-Peor; 4 ma voi che vi manteneste fedeli a JHWH vostro Dio siete oggi tutti in vita. 5 Vedete, io vi ho insegnato [huqqim e umispatim] disposizioni e norme come JHWH mio Dio mi ha ordinato, perché le mettiate in pratica nel paese in cui state per entrare per prenderne possesso. 6 Le osserverete dunque e le metterete in pratica perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente. 7 Infatti qual grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il JHWH nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? 8 E qual grande nazione ha [huqqim e umispatim] disposizioni e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi espongo?».

Abbiamo riportato i termini ebraici (con trascrizione semplificata) per mostrare la strutturazione del testo che usa la ripetizione delle parole, cosa che nei nostri temi d'italiano sarebbe segnata in rosso.

Per un confronto in prima battura riportiamo l'inizio del prologo del il Codice di Hammurabi (1700 a.C.) :
«Quando Anu il Sublime, Re dell’Anunaki, e Bel, il signore di Cielo e terra, che stabilirono la sorte del paese, assegnarono a Marduk, il pantocratore figlio di Ea, Dio della giustizia, il dominio su ogni uomo sulla faccia della terra, e lo resero grande fra gli Igigi, essi chiamarono Babilonia dal suo illustre nome, lo resero grande sulla terra, e vi fondarono un sempiterno regno, le cui fondamenta sono poste tanto saldamente quanto quelle di cielo e terra; poi Anu e Bel chiamarono per nome me, Hammurabi, il principe esaltato, che temeva dio, ad imporre la giustizia sul paese, a distruggere gli empi ed i malfattori; così avrei regnato sulla gente dalla-testa-nera come gli Shamash, ed illuminato il paese, per accrescere il benessere dell’umanità.....»

Il "Prologo" di Hammurabi poi procede con lo stesso tono per altre due pagine, ma noi comprendiamo al volo la differenza sostanziale: in questo le parole di un imperatore che si crede padrone dell'intera terra ed è lui stesso il legislatore, nel nostro testo sono le parole di un Padre che vuole lasciare un ricordo indelebile nel cuore dei suoi figli, ricordo che consiste nell'osservanza della Torah di JHWH. Non di Mosè che è solo il tramite.

Versetto 1

            "Ora Israele ascolta..." questa espressione sta a dire che inizia un'altra parte del primo discorso di Mosè. La troveremo diverse volte ed anch'essa è uno dei modi che gli antichi usavano per strutturare il loro testi.

Però il verbo ascoltare è molto importante e ricorrente in tutta la Bibbia e particolarmente in Deuteronomio.
Certo per noi "ascoltare" dice qualcosa di più del semplice "udire", ma per l'ebraico e per quell'antico mondo che aveva in comune la medesima radice "shemah", aveva un significato molto più ampio: certo ascoltare, ma anche: comprendere, capire, in-tendere (cioè tendere verso) obbedire. Questo: "obbedire" ci avvicina a shemah "ascoltare" perché esso è etimologicamente "ob-audire", cioè un "ascoltare per...", quindi un ascolto finalizzato alla messa in opera di qualcosa; in definitiva un ascolto destinato ad un "agire". Forse è per questa traslazione di significati che nei testi soprattutto del Nuovo Testamento, in Paolo, troviamo spesso il verbo "obbedire".

            Da subito Mosè non si pone come legislatore, ma come insegnante. Un appellativo in linea con il significato di Torah che come abbiamo già detto, non ha la nostra concezione legalistica, ma un significato più ampio che comprende: insegnare, istruire, apprendere, sperimentare, legiferare. Il che non è tanto fuori dalla nostra esperienza perché quando ci si rivolge ad un bambino si "spiega" come si deve comportare; e sappiamo che il comando imperativo può spesso suscitare la reazione contraria all'obbedienza.
            C'è una condizione imperativa: "la messa in pratica" finalizzata al possesso della Terra.

Per gli ascoltatori dell'Esilio o del Post-esilio, questo suona più come spiegazione che come condizione, perché la Terra è già perduta. Allora si tratta di mettere in pratica la Torah perché si possa ricostituire il Regno d'Israele.
Se è così, questo suona come un forte messaggio di speranza per questa gente che ha perso tutto.

Versetto 2

            L'integrità e l'immutabilità delle leggi nel tempo è una prescrizione comune a tutti i codici dell'Antico Vicino Oriente il cui significato è più che evidente. Però il contenuto di questo versetto sarà oggetto della prossima lettura. 

Versetto 3

«3 I vostri occhi videro ciò che JHWH ha fatto a Baal-Peor: come JHWH tuo Dio abbia distrutto in mezzo a te quanti avevano seguito Baal-Peor;»

Qui la vicenda di Baal-Peor è semplicemente ricordata, ma non descritta. La sua narrazione la troviamo in Nm 25

Nm 25,1«Israele si stabilì a Sittim e il popolo cominciò a trescare con le figlie di Moab. 2 Esse invitarono il popolo ai sacrifici offerti ai loro dèi; il popolo mangiò e si prostrò davanti ai loro dèi. 3 Israele aderì al culto di Baal-Peor e l'ira di JHWH si accese contro Israele.
4 JHWH disse a Mosè: «Prendi tutti i capi del popolo e fa' appendere al palo i colpevoli, davanti a JHWH, al sole, perché l'ira ardente di JHWH si allontani da Israele». 5 Mosè disse ai giudici d'Israele: «Ognuno di voi uccida dei suoi uomini coloro che hanno aderito al culto di Baal-Peor». [...] 9 Di quel flagello morirono ventiquattromila persone».

Il fattaccio avvenne durante i quarant'anni di peregrinazione nel deserto quando Israele si accampò presso il confine con Moab, un popolo amico perché discendente da Lot, nipote di Abramo.
Il verbo "trescare" è piuttosto neutrale, ma sapendo che il culto di Ba'al comprendeva anche  i riti della fertilità, con tanto di prostituzione sacra, ci si rende conto che si trattava di un tipo d'idolatria alquanto attraente, dal che si capisce l'elevato numero di vittime che la "pulizia" ha poi comportato: ventiquattromila! Allora questo evento doveva avere lasciato una grande impressione nel popolo, del quale molti avranno visto, fratelli, padri, ecc. finire in quel modo.
Possiamo sperare che il numero sia simbolico 12 x2x1000, vale a dire: due volte il numero del popolo moltiplicato per mille, per significare un  numero elevato di vittime.

Versetto 4

            «4 ma voi che vi manteneste fedeli a JHWH vostro Dio siete oggi tutti in vita».

Sembra di capire che l'osservanza della Torah sia condizione per restare in vita. La custodia della Torah consentirebbe una vita buona e felice oltre al possesso della Terra. Però un'osservanza che in questo caso riguarda il peccato d'idolatria, cioè il più grave.

Versetti 5-8

«5 Vedete, io vi ho insegnato [huqqim e umispatim] disposizioni e norme come JHWH mio Dio mi ha ordinato, perché le mettiate in pratica nel paese in cui state per entrare per prenderne possesso».

Ancora Mosè ribadisce la sua funzione di insegnate, perché il legislatore è Dio.

6 «Le osserverete dunque e le metterete in pratica perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente. 7 Infatti qual grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il JHWH nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? 8 E qual grande nazione ha [huqqim e umispatim] disposizioni e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi espongo?».

Ora il discorso acquista la chiave sapienziale. La messa in pratica della Torah è segno di saggezza perché la stessa Torah è saggia, al punto da suscitare meraviglie tra gli altri popoli.
Saggezza e intelligenza motivate, tra l'altro, della vicinanza di Dio, quel Dio che ha accompagnato il Suo popolo visibilmente attraverso il deserto guidandolo con una Nube durante il giorno e una Colonna di fuoco durante la notte.
Questa Torah viene messa in relazione alle leggi degli altri popoli non tanto per sottolinearne la saggezza, ma l'unicità: solo Israele ha un Dio così vicino.

Però tutto resta ancora condizionata dalla messa in pratica di questa Torah, unica al mondo.

A conclusione della lettura ci sia permessa una riflessione che si stacca dall'esegesi e si rivolge al mondo dell'ebraismo e in parte al nostro.

Nei primi quattro libri del Pentateuco vi è un Dio creatore e liberatore che sta alla testa e guida il suo popolo. Nel Deuteronomio si spiega il "perché" di questo. Perché "Dio ama il suo popolo" (ver.4). E per Israele il modo di corrispondere a questo amore è obbedire alla Sua Legge.
La Legge è il modo con cui Dio si fa vicino ad ogni uomo o donna del popolo senza bisogno di teofanie, di mediazioni sacerdotali, di monarchi o guide carismatiche.
Il Dio del Deuteronomio viene dopo i Profeti ed è intriso della loro predicazione.
E il Dio del Deuteronomio è vicino mentre cucini (la kasheruth), mentre ti alzi dal letto o ti corichi,  mentre educhi i figli, mentre ti vesti o ti lavi e persino quando fai i tuoi bisogni (i 613 precetti).
E la vicinanza di Dio non dipende da una teoria teologica o filosofica, non dipende da dei dogmi, non richiede una particolare conoscenza di verità, ma solo da una prassi, da una fedeltà concreta, quotidiana.
            Apparentemente il cristianesimo si è preso per strada attraverso dispute teologiche, libri di dogmatica, della "verità " come "conoscenza" mentre per l'ebreo verità è hemeth = fedeltà.
Però se ci pensiamo un poco ci rendiamo conto che già Benedetto da Norcia nato nel 480 aveva sviluppato una spiritualità che è stata sintetizzata nello "ora et labora". Ciò significa che tra preghiera e il lavoro, se praticato in modo consapevole, non c'è differenza. Sonno due modi diversi per stare vicini a Dio. 
Nel nostro mondo del lavoro spesso siamo lontano da questa comprensione. Era più facile trovarla quando le attività lavorative erano prevalentemente agricole e gli stessi operatori impegnati nel mondo ecclesiastico provenivano da quel mondo. Oggi il lavoro e molto specializzato e parcellizzato al punto che molti operatori non conoscono il fine ultimo di quello che stanno facendo. Sarebbe consigliabile che ciascuno di tanto in tanto facesse una sosta per pensare che la sua attività alla fine è fatta per contribuire a rendere il mondo più abitabile. Senza dimenticare le ultime parole di Gesù alla fine del Vangelo di Matteo Mr 28,20 «Ecco, io sono con voi tutti giorni, fino alla fine del mondo». Una vicinanza non dipendente dalle nostre fragilità, ma garantita da Gesù stesso.

 

Segantini, Ave Maria

Ave Maria a trasbordo

 

31 - dicembre - 2024

* Lettura 18  Dt 4.2  e  24,16     immutabilità della Torah?

Nella lettura precedente il versetto 2 così recitava:     

Dt 4,2 «Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi di JHWH Dio vostro che io vi prescrivo».

È naturale, che qualsiasi legislatore ritenga che la sua Legge valga per sempre, ma la storia ci insegna che con il passare del tempo le leggi si modificano. E infatti al capitolo 24 troviamo un versetto che smentisce quanto prescritto in 4,2 perché rivela che nel corso del tempo alcune norme si sono modificate..

Dt 24,16 «Non si metteranno a morte i padri per una colpa dei figli, né si metteranno a morte i figli per una colpa dei padri; ognuno sarà messo a morte per il proprio peccato».

Ci spieghiamo con un esempio.
            In Esodo troviamo un brano definito da alcuni studiosi come "carta d'identità" di Dio ed quanto proclama Dio di se stesso quando si manifesta a Mosè nella grotta del Sinai / Oreb:

Es 34,5 «Allora  JHWH scese nella Nube, si fermò là presso di lui [Mosè] e proclamò il nome del Signore. 6 Il Signore passò davanti a lui proclamando: «JHWH , JHWH Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà, 7 che conserva il suo favore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli   dei figli fino alla terza e alla quarta generazione».

Siccome noi leggiamo e interpretiamo la Bibbia ci rendiamo conto che qui si vuole evidenziare la sproporzione tra i benefici verso le mille generazioni e la punizione limitata alla quarta. Se la cultura epocale avesse posseduto il concetto di infinito avrebbe usato questo termine; ma per loro" mille" serviva a dare l'idea di una grandezza enorme; in altri casi usavano: "numeroso come le stelle del cielo", ecc.

Però resta il problema della «punizione che coinvolge fino a quattro generazioni».

Tutto filerebbe liscio se non trovassimo un'applicazione della seconda parte di quel versetto, ma solo una delle tante, qui eseguita verso tutto il popolo e poi un'intera famiglia.   

            In Giosuè 6 (e siamo sempre all'interno dell'opera deuteronomistica) viene raccontata la caduta miracolosa della città di Gerico al di qua del Giordano, prima conquista all'interno della Terra, e il conseguente sterminio che comprendeva abitanti, animali e qualsiasi altra risorsa. È un comando che ci sorprende, ma non approfittare delle ricchezze altrui facendole proprie, dovrebbe essere inteso come piena fiducia nel Signore che è Lui a provvedere ai bisogni dei suoi  fedeli.

Compiuta con successo la conquista di Gerico viene attaccata la città di Ai, ma tutto si risolve in un disastro con la fuga a dirotto dell'esercito di Israele. Allora per comprendere la causa della disfatta si tira la sorte e qui veniamo al testo:

Gs 6,16 «Giosuè si alzò di buon mattino e fece accostare Israele secondo le sue tribù e fu designata dalla sorte la tribù di Giuda. 17 Fece accostare le famiglie di Giuda e fu designata la famiglia degli Zerachiti; fece accostare la famiglia degli Zerachiti per case e fu designato Zabdi; 18 fece accostare la sua casa per individui e fu designato dalla sorte Acan, figlio di Carmi, figlio di Zabdi, figlio di Zerach, della tribù di Giuda. 19 Disse allora Giosuè ad Acan: «Figlio mio, da' gloria a JHWH, Dio di Israele, e rendigli omaggio e raccontami ciò che hai fatto, non me lo nascondere». 20 Rispose Acan a Giosuè: «In verità, proprio io ho peccato contro JHWH, Dio di Israele, e ho fatto questo e quest'altro. 21 Avevo visto nel bottino un bel mantello di Sennaar, duecento sicli d'argento (2Kg) e un lingotto d'oro del peso di cinquanta sicli (100 g); ne sentii bramosia e li presi ed eccoli nascosti in terra in mezzo alla mia tenda e l'argento è sotto». 22 Giosuè mandò allora messaggeri che corsero alla tenda, ed ecco tutto era nascosto nella tenda e l'argento era sotto. 23 Li presero dalla tenda, li portarono a Giosuè e a tutti gli Israeliti e li deposero davanti al Signore. 24 Giosuè allora prese Acan di Zerach e l'argento, il mantello, il lingotto d'oro, i suoi figli, le sue figlie, il suo bue, il suo asino, le sue pecore, la sua tenda e quanto gli apparteneva. Tutto Israele lo seguiva ed egli li condusse alla valle di Acor. 25 Giosuè disse: «Come tu hai portato sventura a noi, così JHWH oggi la porti a te!». Tutto Israele lo lapidò, li bruciarono tutti e li uccisero tutti a sassate. 26 Eressero poi sul posto un gran mucchio di pietre, che esiste fino ad oggi. JHWH allora desistette dal suo tremendo sdegno. Per questo quel luogo si chiama fino ad oggi Valle di Acòr».

Sembra di capire che a quel tempo valeva il principio che lega saldamente tra di loro tutti i membri del popolo per cui il peccato di uno si ripercuote su tutti, ma quella strage che poi lapida e brucia tutti i membri della famiglia che allora non era quella mononucleare  odierna, ma comprendeva genitori, figli, nonni e parenti tutti, cioè tutti quelli che portavano lo stesso cognome, ci lascia alquanto sorpresi se non sgomenti. Certo, potremmo dire che la Rivelazione avviene con linguaggi e modalità che l'uomo "storico" possa capire, ma avendo negli orecchi le parole del Vangelo questi eventi facciamo a farli nostri.
            Tuttavia se ci rivolgiamo alla tradizione profetica possiamo registrare che sin dall'inizio, in forme più o meno dirette appaiono parole che indirizzano verso la responsabilità individuale, come appunto dice il versetto riportato di Dt 24,16.

            In contemporanea alla formazione del Deuteronomio abbiamo il profeta Ezechiele sacerdote del Tempio che fa parte di primi deportati ed esiliati a Babilonia presso il canale Chebar. Egli fa parte dei quattro profeti maggiori insieme ad Isaia, Geremia suo contemporaneo e Daniele.
Seguendo un tradizione che inizia già con i primi profeti Amos, Osea, ed altri, Ezechiele, tratta in modo approfondito e dettagliato il tema della responsabilità individuale. Una legge difficile da scalfire perché iscritta nelle menti dell'uomo da epoche remote, così pervasiva da non aver nemmeno bisogno di essere esplicitata in un testo scritto, cioè quello di una responsabilità collettiva di cui la strage di Acòr è solo un esempio.

Il c 18 di Ezechiele può essere letto come applicazione dettagliata del versetto di Dt 24,16 riportato sopra:

Ez 18:1« Mi fu rivolta questa parola di JHWH: 2 «Perché andate ripetendo questo proverbio sul paese d'Israele:
I padri han mangiato l'uva acerba /  e i denti dei figli si sono allegati?
3
Com'è vero ch'io vivo, dice JHWH Dio, voi non ripeterete più questo proverbio in Israele. 4 Ecco, tutte le vite sono mie: la vita del padre e quella del figlio è mia; chi pecca morirà».

PRIMO CASO

5 Se uno è giusto e osserva il diritto e la giustizia, 6 se non mangia sulle alture e non alza gli occhi agli idoli della casa d'Israele, se non disonora la moglie del suo prossimo e non si accosta a una donna durante il suo stato di impurità, 7 se non opprime alcuno, restituisce il pegno al debitore, non commette rapina, divide il pane con l'affamato e copre di vesti l'ignudo, 8 se non presta a usura e non esige interesse, desiste dall'iniquità e pronunzia retto giudizio fra un uomo e un altro, 9 se cammina nei miei decreti e osserva le mie leggi agendo con fedeltà, egli è giusto ed egli vivrà, parola di JHWH Dio.

SECONDO CASO

10 Ma se uno ha generato un figlio violento e sanguinario che commette qualcuna di tali azioni, 11 mentre egli non le commette, e questo figlio mangia sulle alture, disonora la donna del prossimo, 12 opprime il povero e l'indigente, commette rapine, non restituisce il pegno, volge gli occhi agli idoli, compie azioni abominevoli, 13 presta a usura ed esige gli interessi, egli non vivrà; poiché ha commesso queste azioni abominevoli, costui morirà e dovrà a se stesso la propria morte.

TERZO CASO

14 Ma, se uno ha generato un figlio che vedendo tutti i peccati commessi dal padre, sebbene li veda, non li commette, 15 non mangia sulle alture, non volge gli occhi agli idoli di Israele, non disonora la donna del prossimo, 16 non opprime alcuno, non trattiene il pegno, non commette rapina, dà il pane all'affamato e copre di vesti l'ignudo, 17 desiste dall'iniquità, non presta a usura né a interesse, osserva i miei decreti, cammina secondo le mie leggi, costui non morirà per l'iniquità di suo padre, ma certo vivrà. 18 Suo padre invece, che ha oppresso e derubato il suo prossimo, che non ha agito bene in mezzo al popolo, morirà per la sua iniquità.

CONCLUSIONE DELLA PRIMA PARTE

19 Voi dite: Perché il figlio non sconta l'iniquità del padre? Perché il figlio ha agito secondo giustizia e rettitudine, ha osservato tutti i miei comandamenti e li ha messi in pratica, perciò egli vivrà.
20 Colui che ha peccato e non altri deve morire; il figlio non sconta l'iniquità del padre, né il padre l'iniquità del figlio. Al giusto sarà accreditata la sua giustizia e al malvagio la sua malvagità.

PRIMO CASO:  il malvagio che si converte

21 Ma se il malvagio si ritrae da tutti i peccati che ha commessi e osserva tutti i miei decreti e agisce con giustizia e rettitudine, egli vivrà, non morirà. 22 Nessuna delle colpe commesse sarà ricordata, ma vivrà per la giustizia che ha praticata. 23 Forse che io ho piacere della morte del malvagio - dice JHWH Dio - o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?

SECONDO CASO: il giusto che si perverte

24 Ma se il giusto si allontana dalla giustizia e commette l'iniquità e agisce secondo tutti gli abomini che l'empio commette, potrà egli vivere? Tutte le opere giuste da lui fatte saranno dimenticate; a causa della prevaricazione in cui è caduto e del peccato che ha commesso, egli morirà.

RIPETIZIONE E APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO GENERALE

25 Voi dite: Non è retto il modo di agire di JHWH.
Ascolta dunque, popolo d'Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?

26 Se il giusto si allontana dalla giustizia per commettere l'iniquità e a causa di questa muore, egli muore appunto per l'iniquità che ha commessa.
27 E se l'ingiusto desiste dall'ingiustizia che ha commessa e agisce con giustizia e rettitudine, egli fa vivere se stesso. 28 Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà. 29 Eppure gli Israeliti van dicendo: Non è retta la via di JHWH. O popolo d'Israele, non sono rette le mie vie o piuttosto non sono rette le vostre?
30 Perciò, o Israeliti, io giudicherò ognuno di voi secondo la sua condotta. Oracolo di JHWH Dio. Convertitevi e desistete da tutte le vostre iniquità, e l'iniquità non sarà più causa della vostra rovina. 31 Liberatevi da tutte le iniquità commesse e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Perché volete morire, o Israeliti? 32 Io non godo della morte di chi muore. Parola di JHWH Dio. Convertitevi e vivrete».

Ezechiele termina auspicando che ciascuno formi in sé un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Più avanti dovrà ammettere che questo "cuore nuovo e spirito nuovo" sarà opera di Dio e sarà la Nuova Alleanza.
            Questa profezia di Ezechiele che risale grossolonamente al 580 a. C. è stata recepita?

Pare di no se nel Vangelo di Giovanni al capitolo 9 di fronte al cieco nato che in prossimità della soglia del Tempio chiede l'elemosina, troviamo questo colloquio:

Gv 9:1 «Passando [Gesù] vide un uomo cieco dalla nascita 2 e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?». 3 Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio».

Sappiamo come il racconto finisce.

In definitiva, Gesù oltre a fare la fatica di far comprendere la responsabilità individuale deve ulteriormente fare comprendere che Dio non è Colui che se fai un peccato ti fulmina, ma è il Dio Abbà, il Dio Papà «che dà il suo sole ai buoni e ai cattivi e la pioggia ai giusti e agli ingiusti».
Ma forse questo non l'abbiamo capito neanche oggi!