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LEGGIAMO IL DEUTERONOMIO

* Lettura 25 Dt 5,6 - 21 Il Decalogo
Presentiamo una veloce escursione del Decalogo o Dieci Parole in forma strutturata che poi esamineremo singolarmente.
Adorazione di Dio (lunga)
Dt 5,6 «Io / anokì sono JHWH, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese di Egitto, dalla condizione servile. 7 Non avere altri dèi di fronte a me. 8 Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù in cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. 9 Non ti prostrerai davanti a quelle cose e non le servirai. Perché io JHWH tuo Dio sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione per quanti mi odiano, 10 ma usa misericordia fino a mille generazioni verso coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti».
Nome di JHWH (breve)
11 «Non pronunciare invano il nome di JHWH tuo Dio perché il Signore non ritiene innocente chi pronuncia il suo nome invano».
Sabato (lunga)
12 «Osserva il giorno di sabato per santificarlo, come JHWH Dio tuo ti ha comandato. 13 Sei giorni faticherai e farai ogni lavoro, 14 ma il settimo giorno è il sabato per JHWH tuo Dio: non fare lavoro alcuno né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero, che sta entro le tue porte, perché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino come te. 15 Ricordati che sei stato schiavo nel paese d'Egitto e che JHWH tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò JHWH tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di sabato».
Genitori (breve)
16 «Onora tuo padre e tua madre, come JHWH Dio tuo ti ha comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sii felice nel paese che JHWH tuo Dio ti dà».
Ambito sociale (lunga)
17 «Non uccidere.
18 Non commettere adulterio.
19 Non rubare.
20 Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
21 Non desiderare la moglie del tuo prossimo. Non desiderare la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna delle cose che sono del tuo prossimo».
Abbiamo presentato la lettura in forma strutturata per favorire la comprensione di quanto andremo dicendo.
La struttura è importante perché con essa il redattore vuole farci intendere qual è la parte più importante.
Nella nostra cultura si tende a mettere la parte più importante verso la fine, nella conclusione. In genere si pongono delle premesse che servono a sostenere un ragionamento che termina con la conclusione, appunto. Nella cultura ebraica del tempo si usava porre la parte più importante al centro; la prima e l'ultima erano una specie di corollario del centro.
A quel tempo non potevano strutturare lo scritto, come facciamo noi, con l'aiuto di capitoli, paragrafi, punteggiatura, numerazione dei versetti e via dicendo. Essi usavano diversi metodi e nel nostro caso hanno usato alcune parole chiave che hanno creato "inclusione", cioè la determinazione di un paragrafo tra di esse. In questo testo esse sono "JHWH tuo Dio" che abbiamo riportato in grassetto.
Invece l'ultima parte, quella riguardante il prossimo, essa è caratterizzata da una serie di comandi in negativo: tutti i comandamenti sono contrassegnati dal "non / lo in ebraico". Un comando di questo tipo non ammette scappatoie: è imperativo, è apodittico.
Potremmo rimanere sorpresi perché al centro viene posto il comandamento del Sabato che pertanto è considerato il più importante e ciò contrasta con i capitoli successivi che invece elaborano il primo comandamento a partire da differenti punti di vista.
In prima battuta potremmo dire che il Sabato è importante perché in quel giorno la comunità dei credenti si raduna per esaminare il loro rapporto con Dio, tra di loro e con le loro personali attività... e a quel tempo non era una Messa da tre quarti d'ora, ma un impegno che durava tutta la mattinata.
Il testo inizia con " Io / anokì", cioè con l'indicazione del pronome "Io", cosa rara nelle lingue antiche che affidavano la comprensione del soggetto parlante alla voce verbo successivo. Quando il soggetto veniva espresso si voleva indicare un comando particolarmente importante. In questo caso "Dio" che si presenta come "il Liberatore" dalla schiavitù d'Egitto. Ancora una volta abbiamo a che fare con una verità storica come ricordavamo nella lettura precedente.
Riteniamo importante sottolineare che le Dieci Parole iniziano con "Dio" e terminano con "Prossimo". In tal modo, l'autore sacro ha voluto presentare Dio è il prossimo come realtà strettamente collegate tra di loro che, mai, si oppongono una all'altra. Gesù lo insegna molto bene dicendo:
Mt 25, 40 «In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me».
E così Gesù considera il rapporto che ogni uomo ha con Dio sempre collegato ai rapporti che ognuno ha col prossimo. Tutte e due questi rapporti vanno sempre tenuti ben presenti e a ognuno dei due va assicurata la stessa importanza. Tutti e due vanno pertanto vissuti col massimo dell'impegno e anche della sincerità. Agire contro uno, è venire meno anche con l'altro. Come pure è impossibile volere del bene a uno, mettendo da parte l'altro. Del resto, Dio non si è fatto vivo per affermare se stesso. Lui è misericordioso. Vale a dire ha il cuore vicino ai miseri. Dio si è fatto e continua a farsi presente per redimere l'uomo e convertire la sua vita. Lui fa pace coi singoli. Ma, al tempo stesso, vuole poi che i singoli intreccino rapporti tra di loro esattamente come Dio ha fatto con loro.