Nazareth, la città dell'annuncio

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In ebraico Natzèrat o Natzrat, in arabo en-Nasira.
Sembra significhi “fiorita”, “stare in guardia”.
San Girolamo traduce in “fiore”.

Nazareth è una cittadina della bassa Galilea, collocata, come un enorme anfiteatro, tra il versante meridionale dei monti che discendono dal Libano e la pianura di Esdrelon.

E' da sempre nel cuore dei pellegrini e dei fedeli il luogo che custodisce la memoria del dialogo tra l'arcangelo Gabriele e Maria.

... l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. [...]”.
Lc 1,26-38

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Qui, Gesù crebbe “in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2,52), vivendo nascosto e sottomesso a Maria e a Giuseppe, fino a quando lasciò Nazareth per annunciare la Parola di Dio al mondo.

Gli evangelisti non concordano sul luogo in cui vivevano Maria e Giuseppe prima della nascita di Gesù.
Mentre l’evangelista Luca (Lc 2, 4-5) afferma che i santi genitori fossero originari di Nazareth, San Matteo implica che essi vivevano a Betlemme già prima della nascita di Gesù (Mt 2).
Alcuni tra gli studiosi moderni, sono propensi a credere alla versione di Matteo:
“È più probabile che sia Matteo ad avere ragione. Giuseppe apparteneva a una famiglia giudaica. Se la sua patria fosse stata Nazareth, sarebbe stato più naturale ritornare lì, quando Erode minacciò la famiglia, invece che fuggire in Egitto. D’altra parte, i giudei pensavano automaticamente all’Egitto come luogo di rifugio (1Re 11,40; 2Re 25,26; Ger 26,21).
Quando Archelao (4 a.C. – 6 d.C.) dimostrò di aver ereditato l’imprevedibilità omicida di suo padre, Erode il Grande, Giuseppe decise di trasferire la famiglia a nord, a Nazareth, a 6 km a sud-est da Sepphoris, dove Erode Antipa, stava cercando artigiani per la costruzione della sua capitale”.
(Jerome Murphy-O’Connor, La Terra Santa, guida storico-archeologica)

 

Storia

Nazareth era un semplice e dimenticato villaggio agricolo.
Le testimonianze archeologiche portano a pensare che fosse abitata fin dall’età del bronzo (3000 a.C.).

Nel 63 a.C., in seguito all’occupazione della Palestina da parte di Pompeo, Nazareth fu annessa alla vicina provincia siriana.
In seguito alla prima guerra giudaica (66-70 d.C.) e alla distruzione di Gerusalemme, molti ebrei espulsi dalla Giudea si stabilirono in Galilea, anche a Nazareth.
Questa loro presenza provocò l’intervento delle legioni romane e la completa distruzione della cittadina in occasione della seconda rivolta (132-135).

Lo storico giudeo-cristiano Esegippo (II secolo) racconta che a Nazareth «della famiglia del Signore, restavano ancora i nipoti di Giuda, detto fratello secondo la carne, i quali furono denunciati come appartenenti alla stirpe di Davide».
Essi si difesero dinanzi all’imperatore Domiziano (81-96 d.C.) e, rilasciati «furono posti a capo delle Chiese come martiri e insieme parenti del Signore».
(Storia Ecclesiastica di Eusebio di Cesarea)
Furono proprio i parenti di Gesù che conservarono e difesero le memorie cristiane di Nazareth.

Giulio Africano (160-240 d. C), scrisse di questa comunità: “Fra loro vi sono parenti del Signore nella carne che vi abitavano e conservavano le genealogie della loro famiglia” (Eusebio, Storia ecclesiastica, 111, 32,6).
Conone, martirizzato in Asia Minore durante il regno di Decio (249-251 d.C.) affermava in tribunale: “Io sono di Nazareth di Galilea, sono della famiglia di Cristo che venero fin dal tempo dei miei antenati”.

Nonostante questo, i primi pellegrini bizantini non sembrano aver prestato molta attenzione a Nazareth.
La prima testimonianza scritta è del 570, quando l’Anonimo Piacentino, visitando la cittadina, scrisse: “La casa di Maria è ora una basilica”.

Nel 614, Nazareth fu occupata dai persiani, con la complicità della comunità ebraica.
Nel 626, fu riconquistata dall’imperatore bizantino Eraclio, il quale allontanò dalla cittadina la comunità ebraica.
Nel 638 fu conquistata dagli arabi, i quali, inizialmente, si dimostrarono rispettosi e tolleranti nei confronti della comunità cristiana.
Nel 670, infatti, il vescovo Arculfo affermò di aver visitato “due grandissime chiese: la chiesa costruita sulla casa in cui l’angelo Gabriele entrò e salutò Maria e una nella quale fu nutrito nostro Signore”.

In seguito, le autorità islamiche locali autorizzarono e permisero atti d’intolleranza e di discriminazione nei confronti delle altre forme religiose, al punto che il pellegrino inglese Sewulfo, recatosi in Terra Santa nel 1102, affermò: “La città di Nazareth è completamente devastata e diroccata dai saraceni”.

Nel 1099 la zona fu occupata dalle truppe crociate guidate da Tancredi d’Altavilla, che, nominato principe della Galilea, ricostruì e ampliò Nazareth, costruendovi molte chiese e monasteri.

Il 14 luglio 1187, Saladino sconfisse l’esercito crociato nei pressi dei Corni di Hattin, facendo prigioniera la popolazione, distruggendo e profanando i luoghi sacri.
Nel 1263 il califfo Baybars ordinò di distruggere la città e i suoi luoghi di culto.

Dopo un periodo di alterne conquiste e sconfitte, i musulmani si insediarono definitivamente a Nazareth nel 1291.
Nazareth si trasformò in un dimenticato villaggio mussulmano.

La sua rinascita e il suo sviluppo iniziarono nel 1620 per opera dei francescani che acquistarono le rovine della chiesa dell’Annunciazione, assumendo anche la responsabilità giuridica del villaggio.

Durante la prima guerra mondiale, Nazareth divenne il quartier generale dell’esercito ottomano in Palestina.
Fu occupata dagli inglesi nel 1918 ed eletta a capoluogo del distretto di Galilea.
Nel 1948, la città fu occupata dall'esercito israeliano e annessa allo Stato ebraico.

 

Scavi archeologici

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Gli scavi condotti dai padri francescani nell'area del santuario e del convento, hanno portato alla luce i resti di un antico villaggio agricolo costruito lungo il pendio della collina.

Le semplici abitazioni, composte da una o più stanze in muratura, erano costruite inglobando ambienti sotterranei, ricavati nella roccia, utilizzati come magazzini, ricovero di animali e per i lavori domestici.

Nell’area degli scavi sono stati ritrovati numerosi silos e cisterne per la raccolta dell’acqua piovana.
I silos, profonde buche a forma di pera con imboccatura circolare chiusa da una pietra, erano utilizzati per la conservazione e la raccolta del grano.

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Tra i ritrovamenti, quello più rilevante è l’abitazione semi-rupestre costruita nei pressi del muro della basilica crociata, al cui interno furono scoperti cinque capitelli di epoca crociata ora conservati nel museo degli scavi.

Nella grotta si conserva un forno e diversi silos.
Alcuni anelli e una mangiatoia portano a pensare che fosse utilizzata anche come stalla.
Il ritrovamento di un frantoio, composto da resti di un pressoio con la vasca di circa 3 m, profonda 40 cm, da celle vinarie o olearie, da silos e cunicoli sotterranei per il passaggio e l’areazione degli ambienti, testimonia l’attività olearia e vinicola nella zona.

 

Il museo degli scavi

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Il museo si trova accanto alla basilica dell’Annunciazione.
Qui sono esposti reperti raccolti durante gli scavi.

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Nella parte centrale sono conservati vasi, ceramiche e oggetti delle epoche del Bronzo, medio - Ferro, romana e bizantina, provenienti dai sepolcri e dalle grotte circostanti.

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Numerosi graffiti presenti sugli intonaci testimoniano il passaggio dei pellegrini cristiani e la venerazione per il luogo.

Tra i più importanti, il graffito XE MAPIA (Ave Maria), considerato la più antica iscrizione di culto della Madonna.

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Accanto sono esposti il graffito in greco sul quale si può leggere “sul santo luogo di M(aria) ho scritto”, e il concio con il graffito rappresentante san Giovanni Battista.

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Nella parte settentrionale, è esposta la statua acefala di S. Pietro risalente al XII secolo.
L’apostolo è rappresentato mentre indossa una tunica e un pallio cinto alla vita da una corda. Nella mano destra impugna due grandi chiavi e con la mano sinistra sorregge un modellino di chiesa a tre absidi sormontate da una torre.

All’interno del museo sono inoltre conservati cinque capitelli di epoca crociata, scolpiti da artisti francesi di Reims per adornare la grotta, ma mai utilizzati.
Ognuno di essi è dedicato a un personaggio ed è sormontato dalla figura di Cristo:

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Il capitello della Chiesa raffigura una donna con una corona sul capo che incede verso destra, tenendo nella mano destra una croce astile e che con la sinistra trascina un apostolo scalzo.
Ai suoi lati, due coppie di demoni armati di scudo, spada e arco, sono pronti ad attaccare le due figure inermi.
Le due figure sono la personificazione della Fede o della Chiesa.

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Nel capitello di San Tommaso, è rappresentato Gesù risorto che mostra il costato ferito dalla lancia all'apostolo.

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Il capitello di San Pietro illustra due episodi della vita dell’apostolo: Pietro che cammina sulle acque e che risuscita Tabita.

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Il capitello di San Giacomo Maggiore racconta la predicazione, i miracoli, la fondazione della chiesa e la persecuzione, che portò l’apostolo alla decapitazione.

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Nel capitello di San Matteo presenta la vicenda di Ifigenia, che convertita, insieme alla sua famiglia, al cristianesimo da Matteo, si consacrò al Signore, provocando l’ira del suo promesso sposo, Irtaco, il quale condannò a morte l’apostolo.