La parola di questa settimana

Per seguire mons. Giovanni Giudici

 

Quarta domenica d'Avvento

03.12.2023

Marco 11,1-11

Siamo giunti alla quarta domenica di Avvento. A prima vista, la pericope evangelica di oggi appare non adatta al tempo liturgico che ci prepara al Natale. Nella lettura del Vangelo ci viene descritto cosa accadde nel primo giorno dell’ultima settimana che Gesù ha vissuto nella sua fragilità di uomo. Tra sei giorni da questi avvenimenti, il Signore sarà tradito morirà e risorgerà alla vita.

Gesù arriva a Gerusalemme per la strada che giunge dalla valle del Giordano, cammino usuale per i galilei che andavano alla città. Entra nel Tempio e «… dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i dodici verso Betania». Lo sguardo di Gesù ci fa pensare alla sua sofferenza per tutto ciò che di superfluo, di non conforme alla santità del luogo, veniva compiuto nei cortili per cui si accedeva al Tempio e nel Tempio stesso.

Si sono dimenticati di Dio proprio nel luogo da Lui scelto per incontrare il suo popolo, salvato dalla schiavitù. Tuttavia le parole dei profeti che avevano descritto l’ingresso del Messia nel Tempio, e la stessa missione di Figlio del Padre, che in quel tempio aveva promesso di essere presente per rettificare i gesti e le parole del popolo amato, invitano Gesù ad accettare l’accoglienza festosa che gli è manifestata dalla gente.

Accompagnando il Signore nel suo gioioso ingresso in città e poi nel tempio, siamo aiutati a comprendere meglio quale è la missione del Figlio. E comprendiamo perché leggiamo questo Vangelo in preparazione al Natale.

Anzitutto notiamo il modo con cui Gesù si procura la cavalcatura sulla quale Egli entra in città. Tutto si svolge in una atmosfera di semplicità e di gratuità: i due discepoli vengono inviati a prendere un puledro legato vicino ad una porta. Di certo è il proprietario colui che chiede perché stiano prendendo la cavalcatura che gli appartiene. E tutto si compone in armonia, perché i discepoli ripetono quanto ha detto loro Gesù: «Il Signore ne ha bisogno..», e i presenti «lasciarono fare».

In tutti i racconti evangelici, mai Gesù manifesta di aver bisogno di qualcosa; chiede sempre e solo che si creda in Lui; qui Egli chiede perché ha bisogno di amore e di servizio per l’ultima e drammatica tappa del suo ministero. Il profeta Zaccaria (9,9) aveva detto: “Verrà a Gerusalemme il re, e verrà cavalcando un asino”. Ora si realizza quanto era stato promesso.

Tuttavia un vincitore è proclamato re, ed entra nella città conquistata montando un cavallo, e a lui si guarda con rispetto e forse con paura perché si è di fronte alla forza e ad una persona importante, potente. Qui invece Gesù utilizza , come cavalcatura, un puledro d’asino. In questo modo mostra con chiarezza quale è il suo regno: è il luogo della gratuità, del dono, della mitezza e della pace.

Giunto a conclusione della sua vicenda umana, il Signore si manifesta a noi con le stesse distintive modalità che sono presenti all’inizio del suo venire e vivere tra noi. Nasce dal seno di Maria, la sua esistenza da neonato avviene in una povera dimora «..perché per loro non c’era posto nell’alloggio». (Luca 2,7)

Ora ci viene descritto il festoso ingresso di Gesù in Gerusalemme. C’è una folla che applaude perché Gesù è riconosciuto come il Cristo di Dio. Gettano sul puledro d’asino i loro mantelli; fronde tagliate dalle palme e dagli ulivi sono poste come un tappeto sulla strada.  

Tutti gridano con gioia; ma è la stessa gente che tra cinque giorni griderà: «Crocifiggilo». Oggi fanno festa perché pensano che Gesù viene per prendere il potere. Quando capiranno che non è così, perché Gesù viene nel nome del Signore e non a nome proprio, allora non si riconosceranno più in Lui.

Ecco il fine del suo ingresso a Gerusalemme, e della Sua venuta: insegnarci a vivere nell’amore e nel servizio reciproco; oggi, chi comprende e attua nella sua vita ciò che Gesù ci ha insegnato con il suo vivere e il suo morire, già vive e realizza il Regno. Ci prepariamo al Natale desiderando accogliere, con gioia e speranza, il Signore che viene.

Ci è stato indicato la ragione per cui viene: unire un popolo disperso, insegnare mitezza e umiltà ad una comunità divisa e litigiosa. Ci guardiamo attorno, e identifichiamo che cosa possiamo vivere noi in attesa di far festa al Verbo che si fa carne. Quali riconciliazioni, quale attenzione ai fratelli e alle sorelle che hanno bisogno, quale purificazione del cuore da desideri di egoismo e di possesso delle cose e degli altri.

Invochiamo Maria perché ci accompagni nel preparare e vivere il Natale con vivo desiderio del mondo nuovo, di fraternità, di giustizia e di pace. Il Regno.