Vita di sant'Ambrogio -5

AMBROGIO E TEODOSIO

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22. Dopo la morte di Massimo, mentre l’imperatore Teodosio stazionava a Milano e il vescovo Ambrogio viveva ad Aquileia, avvenne che, in un borgo d’Oriente, i cristiani incendiarono la sinagoga dei Giudei e un luogo sacro dei Valentiniani. Va precisato che Giudei e Valentiniani deridevano i monaci cristiani.
In merito a questo episodio il conte d’Oriente inviò una relazione all’imperatore. Ricevutala, Teodosio dispose che il vescovo del luogo ricostruisse la sinagoga e punisse i monaci responsabili del misfatto. Ma, quando tali disposizioni vennero a conoscenza di Ambrogio, siccome non poteva accorrere di persona, inviò una lettera all’imperatore con la quale gli chiedeva di revocare ciò che aveva stabilito e di fissargli un’udienza. Precisava che se egli non fosse stato giudicato degno di essere ascoltato dall’imperatore, tanto meno era degno d’essere ascoltato dal Signore mentre intercedeva per l’imperatore. Aggiunse che per tale questione era pronto ad affrontare anche la morte, pur di non indurre in peccato l’imperatore col suo silenzio. Teodosio aveva dato disposizioni assai ingiuste contro la chiesa.

23. Ritornato a Milano, un giorno che l’imperatore era in chiesa, Ambrogio predicò su questo argomento. Nella predica, rivolse all’imperatore queste parole come se fosse Gesù a pronunciarle: “Dall’ultimo posto, io ti ho innalzato fino al grado di imperatore. Io ho messo nelle tue mani l’esercito del tuo nemico e io ti ho consegnato i rifornimenti che quello aveva preparato contro di te per il suo esercito. Io ho messo in tuo potere il tuo nemico. Io ho assicurato un trono regale alla tua stirpe. Io ti ho fatto trionfare senza fatica sui tuoi nemici mentre tu fai trionfare su di me i miei nemici?“ Mentre discendeva dalla cattedra l’imperatore gli disse: “Vescovo, oggi hai predicato contro di noi.” Ambrogio gli rispose di avere parlato non contro l’imperatore, bensì in suo favore. Allora l’imperatore aggiunse: “A dire il vero, io ho emesso dure disposizioni contro il vescovo riguardo alla ricostruzione della sinagoga. I monaci, tuttavia, devono essere puniti.” Identiche erano le parole pronunciate dai dignitari di corte lì presenti. A costoro il vescovo disse: “Io ora ho a che fare con l’imperatore e non c’è nulla che debba trattare con voi.” Così, ottenne che fossero revocate le precedenti disposizioni. Fece subito capire che si sarebbe accostato all’altare per continuare la celebrazione dei sacri riti solo dopo che l’imperatore avesse pubblicamente attestato la sua fede cattolica. Per questo, il vescovo disse: “Allora offro questo sacrificio sulla tua fede.” Rispose l’imperatore: “Offri sulla mia fede.” Dopo che la promessa fu ripetuta, ormai sicuro, il vescovo compì i misteri divini. Tutto ciò sta scritto nella lettera che Ambrogio scrisse alla sorella (Ep. 41) e in essa inserì la predica che tenne in quel giorno sul bastone del noce che il profeta Geremia racconta d’aver visto (Ger. 1, 11).

24. In quel tempo, la città di Tessalonica creava al vescovo gravi angustie legate alle notizie riguardanti la sua distruzione. Infatti, in un primo momento l’imperatore aveva promesso ad Ambrogio che avrebbe perdonato i suoi cittadini. Successivamente, in seguito a un accordo segreto fra imperatore e alti funzionari, all’insaputa del vescovo, la città fu abbandonata alla strage per tre ore e molti innocenti furono uccisi. Quando il vescovo lo seppe, proibì all’imperatore l’ingresso in chiesa, dichiarandolo indegno di partecipare ai riti sacri prima di avere fatto pubblica penitenza. L’imperatore gli obiettava che Davide aveva commesso insieme adulterio ed omicidio. Ma subito gli fu risposto: “Tu che lo hai seguito nel peccato, seguilo nella correzione.” Udite queste parole, l’imperatore accettò la penitenza pubblica.

25. Sempre in quel tempo due persiani molto potenti e nobili, scoperto il grande spessore della personalità del vescovo, vennero a Milano per saggiare la rinomata sapienza di Ambrogio. Discussero con lui per ore. Alla fine, pieni di ammirazione, presero congedo da lui. Il giorno successivo salutarono l’imperatore e ripartirono. Questo fatto rivela quanto la fama di Ambrogio si fosse diffusa molto oltre i confini della sua Chiesa.